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Edicola Finocchiaro, una storia di resistenza a Ortigia

– Compie 80 anni la storica rivendita di giornali e dischi di via Roma a Siracusa e rilancia la sfida contro le crisi del disco e della carta stampata, e contro l’abbandono del centro storico da parte dei suoi abitanti
– Aperta sino a mezzanotte fra gli anni Cinquanta e Ottanta era un punto d’incontro per politici, giornalisti, intellettuali, semplici lettori. «Qui si prendevano più decisioni che al Consiglio comunale»
– «Vendo giornali e dischi per non farli morire», dice Salvino, ultimo baluardo di un piccolo mondo antico. «Ma per poterli tenere, devo intercettare i turisti con souvenir e gadget». La questione dell’aggio

Quest’anno aveva pensato di abbassare la saracinesca. «Nessuno compra più giornali e dischi, ormai Ortigia è abitata soltanto da turisti. Chi me lo fa fare a restare aperto?». Invece, Salvino Finocchiaro ha voluto rilanciare. Ha fatto restaurare un vecchio pianoforte verticale, accanto al quale ha posto il riesumato cartonato di Ray Charles, e lo ha posto al centro del negozio per riempirlo di dischi. No, non poteva arrendersi proprio quando la storica edicola di Via Roma, a due passi da Piazza Archimede, compie ottanta anni.

Era il 1945 quando Concetto Finocchiaro, papà di Salvino, era appena tornato dalla prigionia in Germania, dove molti soldati dell’esercito italiano erano finiti in seguito all’armistizio di Cassibile. Il lavoro che aveva prima del conflitto non c’era più e doveva cercare di arrangiarsi. «Fu il professore Carratore a suggerirgli la vendita di giornali», ricorda Salvino Finocchiaro. «Proprio in quel periodo aveva cominciato a stampare il quotidiano catanese La Sicilia e il professore gli consigliò di mettersi a disposizione per la vendita».

A sinistra Concetto Finocchiaro, che nel 1945 cominciò a vendere giornali, davanti alla sua edicola in Via Roma a Ortigia, storico quartiere di Siracusa

Cominciò come uno strillone, in piazza Archimede. Diventando un appuntamento per le tante persone che a quel tempo affollavano l’isoletta di Ortigia, dove si aprivano il Tribunale, l’ospedale, gli uffici comunali, scuole, cinema e tanti negozi. Il quotidiano era una novità e ben presto divenne una abitudine. Le prospettive di guadagno, ma soprattutto un lavoro che gli faceva incontrare e conoscere così tanta gente, convinsero Concetto Finocchiaro a insistere. Si creò uno spazio all’interno di un portone di Via Roma, al civico 9, che guardava sulla piazza Archimede, per essere un po’ riparato e proteggersi dalle intemperie. 

Il “boom” degli anni Sessanta fece girare a pieno ritmo le rotative dei quotidiani. Ne nacquero di nuovi, si diffondevano i settimanali. Insomma, Finocchiaro avvertì l’esigenza di aprire un vero e proprio negozio. Ma senza allontanarsi dal luogo dove aveva iniziato la sua attività. Così, dal civico 9 si trasferì nel dirimpettaio 12. Lì, con i suoi camici neri o grigi per evitare di sporcare gli abiti con l’inchiostro dei quotidiani, divenne il centro nevralgico non solo di Ortigia, ma di tutta Siracusa. L’edicola rimaneva aperta sino a mezzanotte, diventando così il luogo d’incontro notturno di politici, giornalisti, intellettuali, semplici lettori. «Si prendevano più decisioni importanti lì che in Consiglio comunale», racconta Salvino. A mezzanotte si chiudeva e Concetto Finocchiaro si avviava verso il vicinissimo Corso Matteotti dove abitava. Casa e putìa. Così fino al 1974, quando morì.

Salvino Finocchiaro mostra la concessione datata ottobre 1945 per la vendita di giornali

A prendere il timone dell’edicola fu la moglie Carmela, affiancata dal figlio Salvino. «Ci davamo il cambio, dopo le otto di sera rimanevo io», spiega Salvino. Per mantenere la tradizione. Perché a Siracusa, quando dopo le 20 si spegnevano le luci dei negozi e non circolava più nessuno per le strade, l’unico luogo aperto dove incontrare gente, scambiare due chiacchiere, cercare una rivista straniera, fare nuove conoscenze, restava l’edicola Finocchiaro. Chiacchiere che spesso continuavano anche dopo l’orario di chiusura. Come quella notte in cui, parlando di musica e radio, sentimmo arrivare i Vigili del Fuoco lungo Corso Matteotti per poi imboccare via Roma. «Salvino, corri! Sta bruciando casa tua». La madre aveva acceso lo scaldino nel letto, pensando che il figlio fosse di ritorno dopo la mezzanotte. Il surriscaldamento del boiler aveva fatto prendere fuoco al materasso.

La musica era la vera passione di Salvino. Come molti ragazzi della sua età, ascoltava Radio Luxembourg per tenersi informato sulle nuove tendenze musicali provenienti dall’Inghilterra dei suoi amati Beatles o da oltre oceano. Una passione messa in pratica come chitarrista fra amici e, soprattutto, come collezionista di dischi. Tant’è che nel 1984, due anni prima della scomparsa di mamma Carmela, decide di affiancare all’attività di edicolante quella della vendita di dischi. Nasce Cotton Club.

Salvino Finocchiaro al centro del suo negozio con Ray Charles e il piano

Oggi aprire un negozio di dischi e giornali sarebbe da folli. «Per non farli morire li ho messo insieme», sorride Salvino. E per di più i dischi sono cd e vinili d’annata: vietati rap, trap, pop commerciale e starlette. Uniche novità ammesse, gli ultimi lavori di Mina o Vasco Rossi, poi l’orizzonte si sposta verso il passato: anni Sessanta e Settanta, in particolare, con molte rarità di musica italiana, jazz e soul.

È una storia di resistenza quella di Salvino Finocchiaro. In tutti i sensi. Contro le crisi del disco e della carta stampata, e contro l’abbandono di Ortigia da parte dei suoi abitanti, cacciati via da bed & breakfast, alberghi, ristoranti, casa vacanze. Dal turismo insomma «Una volta c’erano quarantamila abitanti, oggi se siamo in duemila è tanto», considera amaramente. Eppure, è proprio il turismo a mantenere viva ancora la speranza di Salvino. Fra giornali e dischi, fanno bella mostra di sé anche guide turistiche, mappe, cartoline, souvenir, gadget. «Se non intercetti il turista, hai chiuso. Tutto il resto ti permette di guadagnare e di avere i giornali ed i dischi».

In Sicilia sono scomparse 111 edicole negli ultimi quattro anni, a partire da un totale di 736. «Ma non solo perché si vendono meno giornali», si lamenta Salvino. «È un problema legato all’aggio. Non c’è più guadagno. Prima si era arrivati al 25%, oggi siamo al 18% sulle vendite dei quotidiani. Sulla piccola quantità non hai alcun incasso».

Oggi l’edicola Finocchiaro non chiude più a mezzanotte. Perché non si legge più o, meglio, i pochi rimasti a leggere sono anziani. Perché non si comprano dischi, ma si usano come sottofondo negli smartphone. Perché il siracusano medio non frequenta più Ortigia. Perché i luoghi d’incontro sono diventati le piazze ed i cortili virtuali dei social. 

«Ma io credo nei cicli storici», mi saluta Salvino. «Sono certo che un giorno torneranno anche i giornali, come è successo nel suo piccolo anche per i vinili». Nel suo piccolo. Nel piccolo mondo antico che sopravvive e resiste come l’edicola Finocchiaro. 

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