Storia

È nata una stella: ANNAHSTASIA

– L’album di debutto “Tether” sbalordisce: la ragazza di Los Angeles con origini nigeriane rivendica il suo legittimo posto come pioniera del folk moderno, spingendo il genere verso vette più elevate. Una voce unica, cruda e romantica, rabbiosa e sensuale
– La sua musica bilancia dolci e toccanti liriche in stile Joni Mitchell con la profonda sensualità di Sade, l’immensa potenza vocale di Nina Simone e Joan Armatrading e gli struggenti lamenti di Anohni and the Johnsons (fra i produttori del disco)
– La sua storia è l’esempio della cecità dell’industria musicale che per tredici anni ha ingabbiato la cantante unica nel suo genere in un contratto capestro. Adesso «entrerò nella vostra storia», afferma in “Overflow”. E c’è da scommetterci

Da bambina sentiva la voce dell’attore Morgan Freeman nella sua testa. Poi, a 14 anni, entrò nella musica quando suo zio le regalò un iPod con dentro canzoni di Nina Simone, Janis Joplin, Bill Withers, Buffy-Saint-Marie, Leonard Cohen, Nico, ecc. La ragazzina Annahstasia Enuke rimase quasi ipnotizzata da quelle voci e dalle storie che raccontavano. «Mi sono innamorata di quelle sfumature e sottigliezze e ho passato quei primi anni ad ascoltare quelle voci ripetutamente cercando di quantificare le differenze», racconta la ragazza dalle origini nigeriane cresciuta a Los Angeles. «Seppi presto che la mia voce è unica. Quindi la maggior parte del mio viaggio con l’apprendimento del canto è stato incentrato sul mantenimento della crudezza e del tono delle mie scelte naturali».

E quello che stupisce davvero è la portentosa voce di Annahstasia che riesce a essere allo stesso tempo cruda e romantica, teatrale e blues, rabbiosa e sensuale. Raccoglie un universo musicale che bilancia dolci e toccanti liriche in stile Joni Mitchell con la profonda sensualità di Love Deluxe di Sade e l’immensa potenza vocale di Nina Simone e Joan Armatrading, il timbro maschile di Tanika Tikaram e gli struggenti lamenti di Anohni and the Johnsons (fra i produttori del disco insieme a Frank Ocean e Moses Sumney). «Nella mia arte miro a riunire le persone nello spirito di ricordare la nostra umanità, la nostra morbidezza condivisa. Per aiutare le persone a sentire di nuovo il loro cuore», dice.

Un debutto cha arriva in ritardo

Cantante, cantautrice, modella, artista visiva, Annahstasia è l’astro nascente del rock. L’album di esordio, Tether, è superbo, tocca ogni corda del cuore e dell’anima. Un debutto che arriva in ritardo per la ragazza che a 17 anni era entrata nel mirino dell’industria musicale. Ha però dovuto scontrarsi con meschini dirigenti discografici desiderosi di spingerla a diventare una popstar appetibile, dissuadendola dal creare la musica che desiderava scrivere. Ora trentenne, la sua apparizione sulla scena musicale sembra una illuminazione, puntando l’indice sull’assoluta assurdità delle strategie dei discografici e mettendo in mostra la vasta portata della sua arte a coloro che si sono mostrati abbastanza sciocchi da mettere in discussione la sua visione.

In Tether rivendica il suo legittimo posto come pioniera del folk moderno, spingendo il genere verso vette più elevate, intrecciando momenti di rock teso e blues inebriante, per infrangersi con strazianti ballate su ripide scogliere, per poi rasserenarsi in voli celestiali. «Il folk è la musica del popolo», spiega. «È qualsiasi intersezione del contesto culturale con cui arrivi e combini nella sua forma più pura. Qualcosa che suona vero nelle persone. Suppongo che il mio ruolo sia semplicemente quello di fornire più verità».

Silk and Velvet è intrisa di punk, con il suo ritmo incalzante e il suo testo tagliente indica la grande forza anche interiore per creare un’arte duratura sotto il capitalismo: “Forse sono un’analista, una stronza antisociale / Che vende i suoi sogni per soldi / Per comprarsi seta e velluto”. 

Il rapporto con la femminilità

Il rapporto di Annahstasia con la femminilità è stato complesso e impegnativo. «Ho dovuto superare la montagna di aspettative di genere, che, da giovane donna, può essere molto difficile», confessa. Inizialmente si è rasata la testa, si è vestita in modo più maschile e ha abbreviato il suo nome per superare queste aspettative. Questo le ha permesso di creare la propria definizione di femminilità. «Al giorno d’oggi, esploro queste cose più nel mio lavoro visivo, dove sto esplorando immagini sull’abbondanza, la fertilità e il femminile al di là di una cosa di genere. Sono cresciuta in me stessa e le mie qualità femminili sono una tale gioia da esplorare. Il mio mondo lussureggiante di morbidezza e ispirazione grottesca e infinita».

Altrove, nell’intima Villain, si assume la responsabilità dei suoi torti, mentre l’ipnotica Slow arruola il musicista nigeriano Obongjayar per uno dei momenti più romantici dell’album: le loro voci fluttuano leggere l’una nell’altra su un ritornello di chitarre delicatamente pizzicate, armonie oniriche e archi ronzanti. Quando arriva l’epica Believer, la musica assume la forma di una marcia trionfale, con Annahstasia trasformata in una rock star a tutti gli effetti. Ascoltando i suoi growl baritonali intrecciati a bassi fangosi e batteria pesante, è un mistero il motivo per cui una cantante unica nel suo genere abbia trascorso quasi metà della sua vita intrappolata in un contratto discografico predatorio e improduttivo. 

«Entrerò nella vostra storia», afferma in Overflow. E, ascoltandola, statene certi che ci riuscirà. Capolavoro.

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