Storia

DERIVE VALVOLARI: cantiamo gli errori della Gen X

– La band di Pistoia guidata dai fratelli italo-americani Joseph e Marco Palumbo debutta con un EP nel quale i Rolling Stones s’incrociano con i Dik Dik
– «Il mondo è andato un po’ a rotoli proprio perché questa generazione non ha inciso, non si è imposta, è rimasta nell’ombra».  «Amiamo suoni caldi, vintage»
La cover

Sono nati in the USA, nel New Jersey, la terra di Bruce Springsteen, ma sono italianissimi. E lo si capisce non solo dal cognome, Palumbo, d’origine pugliese come i loro genitori, o dall’inconfondibile accento toscano, perché all’età di 10 anni la famiglia li ha fatti crescere a Pistoia, ma anche dalle reminiscenze anni Sessanta che fanno capolino nella musica della band Derive Valvolari, della quale Joseph e Marco Palumbo sono il nucleo principale.

I due fratelli sono immobiliaristi, che di questi tempi ci sta bene visto il successo del programma Casa a prima vista, ma dalla terra del Boss hanno ereditato la passione per la musica. Che prima hanno trasformato in un «arrotondamento di stipendio» suonando nei locali come Diesel Engine Boneshaker, «una cover band che rifaceva brani di Beatles, Rolling Stones, Led Zeppelin, U2, Red Hot Chili Peppers, Nirvana, Springsteen», e poi in un progetto artistico che si è concretizzato in un EP che porta il nome della band, Derive valvolari. Un nome che lascerebbe pensare ad un gruppo punk, invece si scopre una band incline alle ballad e alla melodia, dai sapori vintage.

Joseph Palumbo, chitarrista e compositore

 «La genesi del nome deriva da due concetti che mi piacevano in particolare: il fatto di viaggiare con la musica, liberi, e quindi andare un po’ alla deriva, mentre il valvolare richiama quelli che sono i miei gusti di sonorità, legati al passato, al suono caldo e un po’ vintage», spiega Joseph. «Il punk l’ho amato da ragazzino, ma non l’ho mai suonato con costanza. La prevalenza delle ballad è perché il progetto ha preso corpo durante il periodo del Covid. Siamo rimasti bloccati e io mi sono ritrovato da solo. Ho sfruttato questo momento per scrivere. Ma componevo senza l’apporto di altri e la ballad mi veniva più spontanea, perché più riflessiva, tranquilla. Il rock’n’roll si fa più fatica a scriverlo in autonomia, completamente isolati». 

Marco Palumbo è la voce della band, mentre Joseph è il chitarrista e l’autore «dell’80% dei testi», con il vizietto per lo stile chitarristico di Keith Richards che affiora in due brani,Noccioline e Non importa

Marco Palumbo, voce e autore

«Noccioline è stato il primo riff sul quale ho cominciato a lavorare quando ho deciso di intraprendere questo viaggio. Quando sono partito con questo progetto, mi sono riproposto di buttare giù almeno un’idea al giorno. E la prima cosa che mi è venuta in mente è questo riff che si sente all’inizio del brano. Keith Richards ha guidato un po’ i gusti in quel momento. Anche Non importa ha lo stesso approccio. Mi sono divertito anche a sperimentare le accordature del chitarrista dei Rolling Stones e certe sonorità sono venute fuori».

  • In Noccioline c’è una frase che colpisce: “La rivoluzione aspetterà”.

«Nel brano parliamo un po’ della mia generazione, quella che è stata definita Gen X. È il nostro sguardo critico su una generazione che si è lasciata scivolare tutto addosso. Tutto quello che arrivava di brutto non lo affrontavamo, ci siamo sempre nascosti dietro al finto “sto bene”, “non mi interessa”. Il mondo è andato un po’ a rotoli proprio perché questa generazione non ha inciso, non si è imposta, è rimasta nell’ombra. Si diceva. “Sì, è vero, tutto va male. Ci ribelleremo, ma domani, dai, adesso andiamo a farci una birra”. È stato questo il modo di vivere della nostra generazione».

  • Al di là di influenze rollingstoniane, nell’EP ci sono riferimenti alla musica italiana degli anni Sessanta. Il brano iniziale, La città non dorme mai, mi ricorda i Dik Dik.

«In effetti, proprio su quel brano è una nota stilistica che tu hai colto e che ho voluto sottolineare in fase di produzione. Anche a me ha richiamato, nel modo di cantare di Marco, l’approccio della canzone italiana di quegli anni, dei Sessanta, e sicuramente i Dik Dik. Ma, addirittura, nella mia testa, mentre lavoravamo agli arrangiamenti, mi veniva in mente anche Domenico Modugno. Quel modo arioso, enfatico. E negli arrangiamenti ho voluto mettere le tastiere a ricordare quegli anni».

A dar man forte ai fratelli Palumbo ci sono Alessio Petrucci alla batteria e un bassista fiorentino, anche lui italo-americano, Alex Maioni, «mentre per lo sviluppo “liv” del progetto stiamo pensando a un secondo chitarrista e all’introduzione delle tastiere»

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