– L’ex James Bond interpreta un gay dipendente dalle droghe nel film di Luca Guadagnino nelle sale da giovedì 17 aprile. «Sono ruoli che ti mettono alla prova, ti spingono ad andare oltre i tuoi limiti»
– «È una storia che si occupa di molti temi universali sull’amore. Espone una condizione umana, e se riuscissimo a portare un po’ più di accettazione nel mondo sarebbe un risultato meraviglioso»
L’immagine sullo schermo appare proprio come nella mente di un diciassettenne Luca Guadagnino: mentre un uomo infatuato fissa il suo oggetto del desiderio, una versione traslucida, quasi spettrale della sua mano si allunga per accarezzare il viso dellsuo inconsapevole amato. Le parole che hanno ispirato questa immagine sono state scritte da William S. Burroughs in Queer, novella semi-autobiografica del 1985, che Guadagnino leggeva come un «giovane solitario» a Palermo, dov’è nato 53 anni fa.
Ha cominciato a lavorare su un adattamento a 21 anni, prima di pubblicare il suo primo lungometraggio nel 1999. Far prendere vita alla descrizione di Burroughs è stato «semplice», qualcosa uscito dai «vecchi tempi» del cinema, dice il regista. Queer arriva questa settimana nelle sale italiane e vede Daniel Craig, l’ex James Bond, nel ruolo di William Lee, un americano rifugiato in Messico per sfuggire a una situazione complicata. Omosessuale e single, stanco della vita e dipendente dalle droghe, trascorre le sue giornate e le sue serate nei bar, dove si agita una piccola comunità di espatriati per i quali gli shot di Tequila si susseguono. Si infatua di Eugene Allerton (Drew Starkey), un giovane studente ambiguo anche lui alle prese con la dipendenza da droghe.
La performance di Craig è grande, a volte esplosiva, e richiede non solo fascino influenzato, ma anche profonda tristezza, il tumulto fisico dell’astinenza da oppiacei e un po’ di goffe nella giungla. «Eravamo tutti esausti alla fine», ricorda l’ex 007. «Eravamo tutti come stracci appesi quando abbiamo finito».
Il titolo del film può sembrare politico— “queer” è un insulto recuperato che porta ancora connotazioni negative per molte persone LGBTQ+ – ma Craig crede che questa storia «si occupa di molti temi universali sull’amore, il desiderio, la solitudine e la necessità di connettersi».
Non si è tirato indietro davanti a scene che possono risultare scabrose (tanto che il film è stato vietato in Turchia). «Questo è un film su persone che cercano di trovare il linguaggio per la connessione, quindi quelle scene intime sono essenziali perché la storia sta ancora accadendo lì», sostiene Craig. «Penso che siamo stati condizionati in una certa misura dalle brutte scene di sesso degli anni Novanta a pensarle come una pausa dal film: tipo, la storia si ferma e c’è un piccolo video pop nel mezzo. Ma quell’approccio è morto cinematograficamente. Vorrei svegliarmi tutte le mattine con ruoli come questo», aggiunge. «Sono quelli che ti mettono alla prova, ti spingono ad andare oltre i tuoi limiti. Il mio personaggio è raro nella sua complessità, ha così tanti livelli ed è una sfida, ma penso anche che sia una cosa meravigliosa».

Per interpretare Lee, l’attore britannico, classe ’68, si scrolla di dosso definitivamente l’etichetta di James Bond e si lascia andare sul set mostrando le sue emozioni. Il suo è un rocambolesco viaggio emotivo. Per il risultato loda il talento del regista italiano. «Luca è straordinario, vuole sempre la tua opinione, vuole sapere dei tuoi sentimenti, delle tue emozioni, è stato meraviglioso lavorare con lui, ha creato l’atmosfera sul set ed è stato quasi come un gioco».
Craig e Guadagnino si sono incontrati per la prima volta a Roma oltre vent’anni fa e Queer è il loro primo progetto assieme. Il film è stato girato negli studi di Cinecittà.
«Queer espone una condizione umana e se riuscissimo a portare un po’ più di accettazione nel mondo sarebbe un risultato meraviglioso», si auspica Craig, lasciando una porta aperta su altri possibili ruoli alla James Bond. «Chissà non so cosa porterà il futuro».