Storia

DALILA KAYROS, una voce dal ventre della terra

– Dopo Daniela Pes, dalla Sardegna arriva un’altra sorprendente artista che reinterpreta il senso misterico, tribale, delle proprie origini. Sarà in concerto giovedì 24 aprile al Centro Zo di Catania
– Ancestrale e distopica, esplora le profondità della voce umana che «non deve essere piacevole, ma deve trasmettere il sentire di ciò che accade intorno a noi, in questi tempi apocalittici»

Le musiche popolari italiane rappresentano un giacimento culturale immenso, ancora in parte da scoprire. Un patrimonio che sempre di più esce dalla dimensione museale e dagli studi accademici per entrare nel pop, irrompere sulla pista da ballo o nell’avanguardia. Rinnovandosi, attualizzandosi, allargando i confini di quella che viene definita “world music”, al di là del folklore da cartolina. Che è poi la via delle musiche possibili indicate da Brian Eno e Jon Hassell. Una direzione scelta da molti artisti, soprattutto del meridione: Puglia e Sicilia in testa. Da un po’ di tempo è invece la Sardegna a proporre artiste che reinterpretano il senso misterico, tribale, della loro terra in una dimensione planetaria. E con successo, come ha dimostrato il disco d’esordio di Daniela Pes (Spira, premio Tenco nel 2023) e il recente tour americano. O, ancora, Dalila Kayros, cantante, ricercatrice vocale e compositrice che giovedì 24 aprile, alle ore 21:30, sarà in concerto al Centro Zo di Catania per presentare il nuovo album Khthonie

Dalila Kayros è una mutaforma artistica come si evidenzia nel modo in cui canta, nel combinare generi disparati e nel reinventare la sua persona ad ogni album. Ora, spinge la sua voce al limite per dare vita alla sua narrazione. «La voce non deve necessariamente essere piacevole», afferma. «Non deve essere sempre accomodante, ma deve trasmettere il sentire di ciò che accade intorno a noi, in questi tempi apocalittici».

Dalila Kayros, nome d’arte di Dalila Usai (foto di Danilo Casti)

L’album Khthonie incarna il suono della potenza creatrice e distruttrice della terra, della vita che sorge dal sottosuolo, dove la voce arriva dal ventre della terra e si trasforma in grido, respiro, lallazione e parola, e quest’ultima diventa il veicolo di un pensiero saturo d’emozione. Guidato da questo spirito, il lavoro abbraccia una fluidità senza confini, grazie a un approccio innovativo alla scrittura e alla performance. È un lavoro caratterizzato da collisioni intenzionali, sia tonali che emotive, come ben si percepisce dal sorriso sardonico in copertina, raggiante mentre fissa l’abisso.

Realizzato in collaborazione con il musicista Danilo Casti, che l’accompagna in concerto, e ispirato da paesaggi isolani, l’album trae spunto dalla divinità Chthonie della mitologia greca, che regnava sull’oltretomba prima della formazione delle terre emerse. La musica di Khthonie supera i confini dei generi, spingendo costantemente i limiti in molteplici ambiti sonori – un vero «viaggio lungo la linea dello spazio e del tempo, che non si comporta come qualcosa di confinato in tre dimensioni, ma anzi ne genera di nuove».

Ancestrale e distopica, Dalila Kayros (nome d’arte di Dalila Usai) esplora le profondità della voce umana, trasformandola in un’esperienza sonora ipnotica e viscerale. Nella sua musica convergono tutte le sue esperienze musicali. «Nella mia infanzia, cantavo canzoni pop italiane mescolate con testi freestyle senza senso. Le mie passioni erano la musica e i videogiochi», racconta. «Molte canzoni e suoni mi hanno trascinato in questa vita. Amo molti generi musicali diversi, e ognuno di questi ha qualcosa di speciale che motiva il mio desiderio. Quando ascolto musica, vedo forme, oggetti e colori. Cosa succede nel tuo corpo quando ascolti e in che modo influenza il tuo approccio alla creatività? Di solito sogno con il suono, anche le canzoni! La maggior parte di loro sono nei miei album. Quando ascolto musica, nuove dimensioni appaiono nella mia mente e la mia immaginazione vibra. Il suono modella il mondo che ci circonda. La mia identità non è perfettamente definita, quindi mi considero un essere in progresso. Ecco perché la mia musica ha così tante influenze. La varietà è il pepe della vita!».

Il make-up tribale di Dalila Kayros (foto di Danilo Casti)

Per l’artista sarda «la musica deve essere un portale senza tempo per un futuro immaginario. Quando quel futuro diventa presente, poi passato, diventa una tradizione. Non c’è contrasto tra originalità, innovazione, atemporalità e perfezione, ma penso che siano grandi compagni per quanto riguarda un’opera d’arte. Vorrei aggiungere un altro ingrediente alla “formula magica”, che è l’anima profonda dell’artista».

Ritualità, teatro, danza contemporanea ed elettronica sono gli elementi dei suoi spettacoli, nei quali la cantante sarda si presenta indossando una veste sacrale, con il viso adornato da un make-up tribale che le conferisce l’aspetto di una divinità pagana, perfettamente in linea con le tematiche sviluppate nel concept di Khthonie. Dalila si muove sul palco come fosse la personificazione delle forze vulcaniche che agitano il mondo sotterraneo, il suo canto è insieme sciamanico e tribale, reso ancora più suggestivo dal linguaggio usato nelle sue canzoni, dove il sardo campidanese si mischia con l’italiano e con i fonemi tipici della sua vocalità. La sua voce e la teatralità dei suoi movimenti si uniscono al caleidoscopio sonoro creato da Danilo Casti dando vita a una performance intrisa di misticismo e pagana sacralità, in cui il mondo sotterraneo evocato dalla Kayros prende vita in un turbinio di suoni ed emozioni di rara intensità.

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