Interviste

C’MON TIGRE: noi e la IA

– È nato in collaborazione con l’intelligenza artificiale l’album “Instrumental Ensemble – Soundtrack For Imaginary Movie”, primo capitolo di un progetto di musica strumentale del duo che per l’occasione diventa sestetto
– «È un lavoro che nasce dalla volontà di confrontarsi con il presente, di indagare quello che succede e, quindi, la scrittura condivisa con una intelligenza artificiale era uno dei punti di partenza»
– Ventitré tracce ambientate fra New York, Tokyo, Lagos e Rio de Janeiro per raccontare quattro storie di rinascita modellate sulla «scrittura di Raymond Carver e di alcuni nostri racconti mai pubblicati»

Le intelligenze artificiali stanno entrando nella vita di tutti. S’inizia per ridere, per generare meme, per semplice curiosità; ci si interessa per davvero e si scopre che se si impara a conoscere il funzionamento dell’IA e ci si allena insieme, i risultati possono essere sorprendenti, e il tempo di apprendimento è relativamente veloce. Si tratta di fatto di imparare a chiedere le cose giuste per fare sì che l’IA realizzi qualcosa che corrisponda in maniera sufficiente all’idea dell’utente, sia che si tratti di musica, di arte figurativa, video e via dicendo.

È quello che hanno fatto i C’mon Tigre, misterioso ed esotico duo attivo da più di dieci anni sulla scena musicale italiana, per il primo capitolo del progetto Instrumental Ensemble – Soundtrack For Imaginary Movie, che, come indica il titolo – è una sorta di colonna sonora per un film immaginario. E il punto di partenza è stata una storia originale scritta in collaborazione con un modello linguistico di grandi dimensioni (LLM, Large Language Model), ovvero una Intelligenza artificiale, propriamente allenato e istruito su contenuti e stile. Come riferimenti per la sceneggiatura sono stati dati scritti degli stessi C’mon Tigre e di Raymond Carver, «scelto per il suo stile asciutto e descrittivo, focalizzato sui fatti più che sulle emozioni», mentre l’ambientazione geografica e musicale è stata determinata sulla base delle musiche esplorate dal duo, un mix di jazz, sonorità afro, elementi brasiliani, hip-hop, piena di variazioni e di soluzioni non scontate, spesso inserite all’interno di progetti multimediali in cui artisti visuali di diversa provenienza giocano un ruolo essenziale. 

D’altronde, è lo stesso nome del duo, C’Mon Tigre, a suonare come un incitamento, un quasi-manifesto che ricorda un po’ lo spirito delle avanguardie.

«È un lavoro che nasce dalla volontà di confrontarsi con il presente, di indagare quello che succede», sottolineano. «E, quindi, la scrittura condivisa con una intelligenza artificiale era uno dei punti di partenza: cercare un equilibrio, una armonia, dal punto di vista della composizione artistica, nella collaborazione tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. Noi ci siamo mossi dando degli input di storia, di genere, di geografia a una IA precedentemente educata ed allenata sulla base dello stile di scrittura di Raymond Carver e di alcuni nostri racconti mai pubblicati. Volevamo che la scrittura generata dall’IA avesse dei riferimenti molto precisi, sulla base dei quali sono stati prodotti testi in maniera del tutto spontanea, che sono stati a volte accettati così come erano, altre volte corretti e riscritti sempre dall’IA. Una sorta di work in progress, però diciamo che la penna – se così si può dire – è comunque di una Large Language Model, di una intelligenza artificiale».

Da sinistra: Haruka Takahashi, Mateo Ramirez, Amara Diallo, Miguel Silva, ovvero i protagonisti delle quattro storie

Le 23 tracce di Instrumental Ensemble – Soundtrack For Imaginary Movie Vol 1accompagnano altrettante scene ambientate nelle città di Tokyo, New York, Lagos, Rio de Janeiro, raccontando le emozioni di quattro personaggi in bilico tra sfide personali e l’incontro con la tecnologia avanzata: Haruka Takahashi, una ballerina che affronta la fine della sua carriera a causa di un infortunio e la difficoltà di adattarsi a una protesi robotica; Mateo Ramirez, un emigrato messicano che si ritrova bloccato senza identità per un errore di sistema che ha cancellato i suoi documenti;  Amara Diallo, ricercatrice ambientale che, dopo aver creato un robot per raccogliere plastica dal mare, si ritrova a confrontarsi con la frustrazione e l’incapacità di cambiare un sistema che sembra non voler ascoltare; Miguel Silva, un insegnante di scuola elementare nelle favelas che, dopo la chiusura della scuola, si impegna nella creazione di un centro comunitario per offrire un’alternativa sicura ai giovani del quartiere. 

  • Quattro storie, quattro esistenze, quattro città. Lontane fra di loro, ma allo stesso tempo estremamente vicine. Quattro persone che cercano un nuovo inizio, che hanno pezzi di vita da rimettere insieme.

«Un canovaccio descrittivo al punto giusto per poter lavorare di concerto con la musica che diventa amplificazione delle storie stesse, ricopre una veste emotiva», spiegano i C’mon Tigre. «La parte testuale ha generato le musiche».

I C’mon Tigre durante la lavorazione dell’album
  • Anche le ambientazioni sono state suggerite dall’IA o sono state scelte per le possibilità musicali che offrivano. Manca l’Europa, Londra, Berlino o Napoli, ad esempio.

«All’IA vengono forniti dati sensibili sul suo interlocutore. Così le indicazioni geografiche sono state elaborate sulla scorta delle musiche che abbiamo indagato negli ultimi anni: l’Africa e il Brasile sono stati due punti di riferimento musicalmente parlando sin dall’inizio, e Tokyo e New York sono due luoghi che abbiamo sempre attraversato. Era una zona nella quale potevamo muoverci più agilmente rispetto a Napoli, ad esempio, lontana dalla nostra cultura musicale».

  • Berlino o Londra però sì.

«Sì potevano starci, ma quella scelta è una zona comfort che ci permetteva di raccontare in modo più efficace e senza complicazioni. Avevamo bisogno di un materiale di partenza che non fosse complesso, perché già il progetto lo è da raccontare e da assorbire. Agli ascoltatori chiediamo di fare un percorso lungo 23 brani. È un lavoro che andrebbe consumato dall’inizio alla fine, è un concept album, qualcosa che nessuno in questi anni prende più in considerazione come sistema produttivo. Abbiamo cercato di semplificare dal punto di vista geografico piuttosto che infilarci in una narrazione più complicata e difficile. Questo non vuol dire che in futuro non avvenga. Per questo primo volume ci siamo mantenuti su un territorio che conoscevamo bene».

I C’mon Tigre nella formazione allargata per questo progetto di musica strumentale
  • Anche il fatto che sette scene siano ambientate a New York, sei a Tokyo e cinque ciascuna a Rio e Lagos è dettato dall’IA?

«Noi avevano un controllo fino a un certo punto, avevamo più una supervisione della produzione, ma è l’IA che ha scelto quanti capitoli, di cosa parlare. Noi eravamo i lettori, approvavamo quando la storia ci piaceva leggerla, diversamente continuavamo a chiedere modifiche, dando suggerimenti, ma poi la stesura era comunque della IA».

  • Per questo album il duo si è allargato, sono stati coinvolti altri quattro musicisti.

«Sono i musicisti che solitamente fanno parte del collettivo in una maniera indiretta, per i live o per registrazioni di parti scritte da noi. Anche per generare una musica più eterogenea, li abbiamo inclusi già nella fase di scrittura e composizione dei brani. Questa è una sorta di progetto parallelo, in cui si fa musica strumentale seguendo il concetto di realizzare colonne sonore per film che non esistono».

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