Storia

Claudio e Diana, la “coppia reale” della posteggia

Entrambi salernitani, ma lui di mamma siciliana, sono fra gli ultimi custodi di una antica tradizione che si dice risalga all’età greca. Hanno ricevuto la “benedizione” di Roberto Murolo e suonano serenate sotto i balconi ed ai matrimoni in tutto il mondo. Nel libro “Sì, ma il lavoro vero?” raccontano come hanno realizzato il sogno di vivere di musica

Ricordate il vecchietto del film Così parlo Bellavista? Quel vecchietto armato di chitarra che, nella scena al ristorante, non suona e non canta per non disturbare? Se lo ricordate, quello è un suonatore di posteggia. Ovvero un musicista, ma in genere sono sempre più di uno, che, aggirandosi per le vie della città, dava vita a performance itineranti. Di tramandatori di questa tradizione ne sono rimasti in pochi. Qualcuno pensa che non esistano più. Invece, ultimamente la buona tradizione napoletana non solo sembra essere tornata di moda, ma fa anche molto radical chic. 

«Quest’anno abbiamo avuto un “boom” di richiesta», conferma Diana Ronca che con il marito Claudio De Bartolomeis sono la coppia reale della posteggia napoletana. Entrambi salernitani, il marito con sangue siciliano dalla madre di Barcellona Pozzo di Gotto, sono uniti da 35 anni dall’amore e dalla musica. Diana sembrava predestinata, come scrive nel libro Sì, ma il lavoro vero?, pubblicato recentemente. «Si dice che già a 2 anni andassi a passeggio con i miei zii Franca e Antonio (si usava allora mandare una bambina con i fidanzatini)», racconta. «A bordo della 500 blu, pare che intrattenessi i poveri innamorati con le ultime hit dello Zecchino d’Oro, concedendo alle loro povere orecchie poca tregua». Se non erano serenate d’amore, lo sono invece quelle che adesso canta con l’accompagnamento della chitarra di Claudio, e talvolta di un mandolino, sotto i balconi della promessa sposa alla vigilia delle nozze. 

«Abbiamo scoperto la posteggia per caso», confessa Diana. Diplomata pianista, dopo un tour assieme a una coppia di amici come supporto a Pupo, aveva deciso di intraprendere insieme con il marito l’attività di piano bar. Dieci anni a cantare e suonare dal vivo, senza il supporto dell’elettronica, un repertorio sconfinato che andava da Mina, Vanoni, Bongusto ai classici stranieri. «Poi, una sera, agli inizi degli anni Novanta, quando finalmente ci eravamo comprati una strumentazione moderna con tastiere ed elettronica, si avvicina un signore e ci chiede di dedicare una canzone al tavolo», ricorda la cantante salernitana. «Noi non lo avevamo mai fatto, né sapevamo come trasportare tutta l’amplificazione al tavolo. Claudio disse: “Andiamoci con la chitarra”. Cantammo Cu ‘mme, la canzone uscita proprio in quei giorni e interpretata da Roberto Murolo e Mia Martini. Una serenata che commosse la signorina alla quale era rivolta ed emozionò anche noi».

Ma il battesimo di fuoco per Claudio e Diana doveva ancora arrivare. «Qualche tempo dopo, un collega ci chiese di sostituirlo in una festa di compleanno. Noi non sapevamo, però, che il festeggiato era Roberto Murolo. Compiva 78 anni», ricorda Diana. «Quella fu una serata d’insegnamento. Lui, a un certo punto, volle anche esibirsi senza microfoni. “La posteggia si fa senza amplificazione”, disse. Cantò alcuni classici napoletani. Alla fine, ci salutò: “Siate ambasciatori della posteggia nel mondo”».

Fu la serata di svolta per la coppia salernitana. La posteggia prese definitivamente il posto del piano bar e, raccogliendo l’appello del maestro Murolo, cominciarono a diffonderla nel mondo. Francia, Svizzera, Germania. «Molte cerimonie, dove noi andiamo ai tavoli, tantissime serenate, chitarra e voce sotto il balcone il giorno prima del matrimonio, che è un classico». Ma, per dirla alla Verdone, le hanno fatte anche “strane”. «Abbiamo suonato in piazza di Spagna per una coppia di irlandesi, sulla scalinata del Duomo di Amalfi per la futura moglie di Vincenzo Abbagnale, in riva al mare. Siamo venuti anche spesso in Sicilia, a Siracusa abbiamo suonato più volte in un locale che ha l’approdo sul mare. Ci hanno chiamati a Livorno, Milano, spesso in Puglia. Una classica serenata dura circa mezz’ora».

Diana Ronca con il marito Claudio De Bartolomeis

Nel repertorio tutta la tradizione napoletana (e non solo) dal Settecento ai nostri giorni. Non può mancare mai Pino Daniele, per il quale la coppia nutre «un amore viscerale», così come per la sua storica band, quella composta da Rino Zurzolo, James Senese, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Joe Amoruso. Sempre presenti Caruso di Lucio Dalla, Cu ‘mme di Enzo Gragnaniello, Tu sì ‘na cosa grandeReginellaI’ te vurria vasàAnema e coreEra de maggio. Molti di questi brani sono contenuti nell’album Napoli, era ora, pubblicato nel 2013, titolo anche dello spettacolo teatrale al quale hanno partecipato tutti i musicisti di Pino Daniele. «Tony Esposito ha collaborato al nostro inedito Era ajere», sottolinea Diana. «Mentre sulla cover di Terra mia di Pino Daniele abbiamo girato un video ambientato nella Terra dei Fuochi, lanciando l’idea di inviare delle foto per difendere una terra. La risposta è stata sorprendente e molti hanno allargato il tema ad altre cause, l’omofobia, il razzismo, l’ambiente. È diventato un manifesto d’amore».

La posteggia era nata per il popolino e non sicuramente per le classi più aristocratiche, e questo lo sapeva bene Caruso, che proprio con questo genere musicale aveva mosso i primi passi nel mondo del canto diventando poi il grande tenore di cui ha parlato tutto il mondo. La tradizione di esibirsi girando tra i tavoli pare sia molto antica (ci sono vasi dell’età greca che raffigurano suonatori di lira che si esibiscono ad un banchetto), ma continua ad essere un ramo secondario della musica classica napoletana. «Invece è il perno della musica nel mondo», sostiene Diana Ronca. «Reginella è una canzone che ha più di cento anni e si canta ancora, la conoscono perfino in Israele. La posteggia è alla base di tutta la musica. Era de maggio è una canzone bellissima che, come diceva Lucio Dalla, ci vogliono cento Yesterday per equipararla».

Con la posteggia abbiamo capito il bene che fa la musica. Ci ha avvicinati alle persone. Andando al tavolo, guardiamo negli occhi. Ed ha un repertorio con il quale arrivi all’anima della gente

Diana Ronca

«Con la posteggia abbiamo capito il bene che fa la musica», scrivono Claudio e Diana in Sì, ma il lavoro vero?. «Ci ha avvicinati alle persone. Andando al tavolo, guardiamo negli occhi. Ed ha un repertorio con il quale arrivi all’anima della gente». Ma, soprattutto, con la posteggia Claudio e Diana hanno realizzato il loro sogno di vivere con la musica, sfuggendo a un futuro da anonima insegnante di piano lei, di barman o impiegato lui. «Oggi raccontiamo quello che abbiamo fatto nelle scuole. Spieghiamo ai ragazzi che bisogna credere nei propri sogni, fare tutto, anche l’impossibile, per realizzarli». Come hanno fatto Claudio e Diana. E oggi, a chi gli chiede “che lavoro fate?”, rispondono fieramente: «Musicisti!».

2 Comments

  • Anna Novembre 12, 2022

    Complimenti di cuore bravi bravi siete favolosi❤️

  • Carmen Novembre 13, 2022

    Una storia bellissima che ci insegna quanto sia fantastico portare avanti i nostri sogni!

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