Il 16 maggio il cantautore romano compie 72 anni e dal 15 al 17 maggio nelle sale sarà proiettato “Tutti su! Buon compleanno Claudio”, documento dell’evento “Dodici Note – Tutti su!” avvenuto lo scorso giugno alle Terme di Caracalla. «È un’espansione del momento live: entriamo nelle sale per far vedere e sentire qualcosa che non è solo un concerto. Noi artisti siamo venditori ambulanti di suggestioni». In autunno nuovo spettacolo e nuovo tour
Claudio Baglioni non è certo simbolo di umiltà. Non è un caso che lo chiamino “il divino Claudio”. Un po’ divinità romana, un po’ mago Otelma. Così non perde occasione per sottolineare i suoi primati. Primo nella classifica degli album più venduti (La vita è adesso mantiene tuttora il primato nella storia italiana con più di 4 milioni di copie) e in quella degli spettatori paganti in un singolo concerto in uno stadio (quasi 90.000 all’Olimpico nel 1988). Primo cantautore pop a cantare di fronte al Papa e primo italiano a esibirsi al Parlamento Europeo. Primo a collocare il palco al centro delle arene («così come si faceva all’origine, ma è molto complicato: lo sapevano anche i gladiatori»). E primo «a tentare una forma espressiva dal vivo mettendo insieme più discipline, già vagheggiata da Richard Wagner: un percorso che ho iniziato più di trenta anni fa, tra il 1989 e il ‘90».
Quest’ultimo riferimento è relativo al progetto Dodici Note – Tutti su!, dodici eventi che hanno avuto luogo dal 3 al 19 giugno 2022 alle Terme di Caracalla, grazie al quale è stato anche il primo artista pop ad aver aperto la Stagione Lirica del Teatro dell’Opera di Roma. Adesso, uno di quei concerti è diventato un film-evento, nelle sale dal 15 al 17 maggio: Tutti su! Buon compleanno Claudio. Che il 16 maggio compie 72 anni. «Non è un film né un evento, ma un film tratto da un evento», tiene a precisare. «È un’espansione del momento live: entriamo nelle sale per far vedere e sentire qualcosa che non è solo un concerto. Non è una dimostrazione di potenza, ma di potere: di potere fare qualcosa. Un racconto multidisciplinare per suscitare emozioni in chi guarda, perché noi artisti siamo venditori ambulanti di suggestioni. Il film è un racconto ma molto sviluppato e molto evoluto del concerto, perché oltre a farci ascoltare i nuovi arrangiamenti e la potenza del suono, ci fa vedere una serie di particolari, grazie alle macchine da prese, che a uno sguardo dal vivo possono sfuggire».
Tutti su! vede Baglioni accompagnato da 123 tra musicisti, coristi e performer classici e moderni, con la direzione artistica e la regia teatrale di Giuliano Peparini (che a Siracusa curerà la regia di Ulisse, l’ultima Odissea, in scena al Teatro greco) e la regia cinematografica di Duccio Forzano. Delle oltre tre ore originali, ne restano poco più di due: «L’abbiamo registrato come memoria storica, pensando ai nostri nipoti. Solo successivamente è nata l’idea del film. Magari ci sarà un sequel perché i concerti sono come il maiale: non si butta niente», scherza. «La mia rovina sono le scalette: non ho mai trovato l’ascensore. Ho un repertorio di 350 canzoni, è sempre difficile scegliere cosa raccontare. Ma ho anche rispetto delle vesciche del pubblico, non posso esagerare».
Le canzoni popolari hanno il pregio di essere conosciute e il difetto di non appartenere più agli autori ma a tutti. “Questo piccolo grande amore“, per esempio, l’ho ciancicata, cambiata, stravolta molte volte. Una volta a Palermo una mia fan mi affrontò dicendomi che non mi potevo permettere. Ebbi una reazione fumantina, ribattei che la canzone è mia. E lei mi fece notare che non era vero. Aveva ragione
Claudio Baglioni
Nella ricca scaletta, tra l’iniziale Io sono qui, Poster, Strada facendo, e Mille giorni di te e di me fino alla conclusiva La vita è adesso, non mancano, nei bis, i grandi successi degli anni Settanta, da Questo piccolo grande amore a E tu, da Sabato pomeriggio a E tu come stai«Sono il basamento della mia carriera. Le canzoni popolari hanno il pregio di essere conosciute e il difetto di non appartenere più agli autori ma a tutti. Questo piccolo grande amore, per esempio, l’ho ciancicata, cambiata, stravolta molte volte. Una volta a Palermo una mia fan mi affrontò dicendomi che non mi potevo permettere. Ebbi una reazione fumantina, ribattei che la canzone è mia. E lei mi fece notare che non era vero. Aveva ragione».
Il nuovo tour “aTUTTOCUORE”
Il cinema è comunque solo il passaggio per il prossimo live: a settembre Baglioni torna dal vivo con aTUTTOCUORE, quattordici appuntamenti pensati a tre dimensioni spaziali (orizzontalità, verticalità, profondità). Sei date al Centrale del Foro Italico a Roma (21-22-23 e 28-29-30 settembre), tre all’Arena di Verona (5-6-7 ottobre), tre al Velodromo Paolo Borsellino di Palermo (12-13-14 ottobre) e due all’Arena della Vittoria di Bari (20-21 ottobre).
Lo stadio è l’ultimo posto dove fare un concerto. Lì nessuno ascolta e vede veramente bene. Purtroppo, durante i concerti vedo troppi sguardi sui cellulari: qualcuno fa video, altri messaggiano, convinti che l’emozione sia una merce senza scadenza
Claudio Baglioni
«Vogliamo fare uno spettacolo davanti al quale anche il più lontano degli spettatori sia vicino. Poi stiamo rivalutando una rappresentazione nello spazio degli stadi. Lo dico perché è uno studio che va fatto in modo approfondito. Lo stadio, in realtà, è l’ultimo posto dove fare un concerto», spiega. «È un luogo per un rito collettivo. È lo stadio stesso che chiama, più del nome in cartellone a volte, e dopo il Covid ha rivitalizzato il mondo dei live. Ma lì nessuno ascolta e vede veramente bene. Ci sono tanti elementi di disturbo. Ci tornerò, ma dando un’esperienza di fruizione ottimale per tutti. Mi sono sempre opposto a utilizzare gli schermi negli spazi ampi: sono amplificatori tecnici, televisivi. Il nostro sforzo è esaltare la teatralità di spazi non piccoli, un posto dove avvengono cose fisiche e non multimediali. Purtroppo, durante i concerti vedo troppi sguardi sui cellulari: qualcuno fa video, altri messaggiano, convinti che l’emozione sia una merce senza scadenza».
Il film sfumato con Lucio Battisti
Se sulla musica contemporanea l’ex direttore artistico del Festival di Sanremo è un po’ evasivo («non sono un grande ascoltatore, ma penso che il dovere dell’artista sia di stare avanti rispetto a chi l’ascolta. Ogni nuova trasformazione deve essere rivitalizzante»), sul cinema snocciola qualche gustoso aneddoto: «Negli anni Settanta volevano fare un film sulla mia vita: mi sembrava iettatorio. Negli Ottanta mi proposero di fare il protagonista di una fantascienza erotica. E chiesero a me e a Lucio Battisti di recitare in una specie di pre-Romanzo criminale: dovevamo essere due ragazzi della periferia romana in cerca di redenzione. Uno dei due moriva, l’altro continuava la sua avventura. Non lo so perché non se n’è fatto niente: forse perché nessuno avrebbe accettato di morire prima dell’altro».