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CALIBRO 35: in “Exploration” la rapina del secolo

– La super band più cinéphile della scena musicale europea pubblica un album in cui attinge dal jazz al cinema, dalle sigle tv al Brasile e alla canzone d’autore: dagli Azymuth a Lucio Dalla, da Piero Umilani a Herbie Hancock e Roy Ayers
 – «Diciotto anni dopo si torna a fare quello che facemmo nel primo disco, ossia prendere materiale altrui e farlo nostro. Continuiamo a confrontarci con alcuni “classiconi”». «Per noi il jazz è un’attitudine, è libertà, è una condizione mentale»
– Il tour, iniziato in aprile con una data al Torino Jazz Festival, il prossimo giovedì 4 settembre approderà in Sicilia con una data al Ricci Weekender ai MercatiGenerali di Catania. In un brano la voce di Marco Castello

Musicisti, arrangiatori e produttori i Calibro 35, con la ventennale (ri)scoperta retro-futuristica dell’incredibile patrimonio delle colonne sonore italiane di genere/sotto-genere, sono la band italiana che gode di reale rilevanza internazionale e le collaborazioni con PJ Harvey, Muse, Dr. Dre e Jay-Z lo attestano. La prodigiosa capacità di scrittura, mai algida o calligrafica, gronda irresistibili grooves, funk nerissimo e riff al calor bianco. 

La super band più cinéphile della scena musicale europea si trova in una fase di bulimia produttiva: tre colonne sonore in contemporanea, di cui due per la Rai, un documentario ed il nuovo disco Exploration in uscita venerdì 6 giugno.

Nel making of Exploration i Calibro 35 raccontano la loro passione per la musica suonata con gli strumenti, musica intesa come materia cui dare una forma, così «come la pellicola per il cinema, o come il marmo per uno scultore», come commenta Enrico Gabrielli. Ma soprattutto – alternando ai commenti, i momenti in cui suonano alcuni brani della tracklist – evocano la genesi e lo spirito di un album che è un viaggio di esplorazione verso gli sconfinati territori del jazz.

«Per noi il jazz è un’attitudine, è libertà, è una condizione mentale», dice Fabio Rondanini. Abbiamo evitato di provare troppi pezzi prima, abbiamo cercato quasi di registrare l’esatto istante in cui anche noi stavamo imparando a suonare i brani ed è anche per questo, insomma, che è rimasto un ampio margine di improvvisazioni nella registrazione». Gli fa eco Tommaso Colliva: «L’improvvisazione che si trova nel disco è decisamente più libera, quasi come gettarsi col parapendio. Cosa che non avevamo mai fatto prima».

Articolato in undici tracce – di cui tre composizioni originali – Exploration è il nono album nella discografia della band, un lavoro che segna il ritorno alla label indipendente Record Kicks e che vede la partecipazione di Roberto Dragonetti al basso. Arriva a due anni di distanza dall’ultimo lavoro Nouvelles Aventures, pubblicato da Universal Music e rappresenta un ideale sviluppo del precedente EP Jazzploitation.

«Diciotto anni dopo si torna a fare quello che facemmo nel primo disco, ossia prendere materiale altrui e farlo nostro. Dopo l’esperienza di Jazzploitation, che abbiamo definito una “rapina alla Calibro”, un’incursione nel mondo del jazz, continuiamo a confrontarci con alcuni “classiconi”». Così introduce il disco la band nata a Milano quasi due decenni fa come progetto di ricerca sui suoni della golden age delle colonne sonore italiane.  

  • Che tipo di jazz c’è nei vostri scaffali?

«Un jazz di fuga, non ingabbiato nelle formule, nelle scuole e lontano dalle regole. Siamo dei partecipanti alla ricerca del nostro suono jazz, con un’estetica ed un approccio che può rimandare ai Lounge Lizards, autori di un “fake jazz” che molto doveva, in termini di attitudine, alla No Wave newyorkese».

Dagli Azymuth a Herbie Hancock

Dagli Azymuth a Lucio Dalla, da Piero Umilani a Herbie Hancock, questo nuovo viaggio dei Calibro 35 è da un lato un ritorno alle origini, dall’altro un proiettarsi verso nuove evoluzioni e, al tempo stesso, un movimento in profondità, con incursioni che non si limitano all’universo cinematografico degli anni ’60 e ’70 ma anche a quello televisivo, in particolare degli anni ‘80. Esploratori provetti, perlustrano dall’alto gli sconfinati territori del repertorio jazz per precipitarsi poi in picchiata una volta individuato l’obiettivo: il brano da reinterpretare, giocando sulle stratificazioni accumulate e portandole ancora a un livello ulteriore. 

La scelta, per queste riletture “alla Calibro”, si concentra su composizioni che sono in qualche modo archetipiche, seminali, iconiche. È il caso, ad esempio, di Chameleon di Herbie Hancock con il suo riff di basso synth che nel 1973 ha in qualche codificato il jazz funk degli anni a venire. Di Nautilus di Bob James, pezzo fondamentale nella definizione di un certo groove anni ’70 – non a caso ricampionato innumerevoli volte da tutti i giganti dell’hip hop –, oggi ri-suonato dai Calibro con una passione e un divertimento che sono il più sincero omaggio verso quel parterre de rois di musicisti newyorkesi (con Idris Muhammad alla batteria, Ralph Mc Donald alle percussioni e Gary King al basso oltre che allo stesso Bob James al Fender Rhodes) che incise il brano originale. 

L’omaggio a Piero Umiliani, le sigle Rai

Un grande omaggio è quello tributato poi a uno dei più importanti compositori per colonne sonore, Piero Umiliani. I Calibro reinterpretano, ancora con sommo divertimento, il celeberrimo Gassman Blues voluto da Mario Monicelli per I soliti ignoti, un brano passato alla storia come la prima soundtrack jazz del cinema italiano e che rimanda immediatamente all’immaginario della cosiddetta commedia all’italiana. E poi si fiondano su Discomania, sempre di Umiliani, rileggendo in chiave afrobeat quella che fu storica sigla di coda del mitico 90° Minuto, programma sportivo della Rai che ha scandito infinite domeniche dell’Italia degli anni ’80. Con tanto di videoclip della live performance registrata proprio nello storico studio Sound Work Shop di Roma, il vero tempio della produzione musicale del Maestro. 

«Ci sono brani che entrano a far parte di noi in maniera quasi subliminale. Siamo cresciuti negli anni ‘80, grande epoca del potere televisivo, e una sigla come Discomania di certo non te la scordi», commentano gli esploratori. 

Così come è impossibile dimenticarsi del jazz funk brasiliano di Jazz Carnival degli Azymuth, che divenne sigla di un altro storico programma televisivo Rai, Mixer di Giovanni Minoli, «un pezzo con un tema super memorabile e un groove che non lascia respiro, uno di quei brani in cui ti guardi prima di iniziare a suonarlo e ti dici ‘ci vediamo in fondo!», come dicono i Calibro. 

Questa scintilla nata dalla fusione fra ricordi d’infanzia, memoria collettiva e gusto iper-contemporaneo brilla ancora di più in Lunedì cinema, iconico brano di un ispiratissimo Lucio Dalla che osò portare lo scat nella prima serata di Rai1, in quest’altra sigla televisiva che negli anni ’80 «apriva le porte dell’immaginazione di un’intera nazione» e che nella versione Calibro vede Marco Castello, uno dei nuovi protagonisti della scena cantautorale e nu jazz, nelle vesti di Dalla. 

Il filone action movie

Se c’è un tema davvero iconico per tutto il filone action, invece, questo è sicuramente Mission Impossible, traccia cult con cui, nell’ormai lontano 1996, un altro gigante delle colonne sonore come Lalo Schifrin lasciò il segno nella cultura pop, contribuendo al successo planetario della serie cinematografica iniziata da Brian De Palma. 

«Sono anni che ci pensiamo e stavolta è passata la paura. Rifare con i Calibro un pezzone del genere meritava tutta la “calibrosità” di cui siamo capaci», scherza – ma non troppo – la band. Sul fronte blaxpolitation invece la scelta dei Calibro 35 è ricaduta su Coffy is the Color del vibrafonista e compositore Roy Ayers, soundtrack di Coffy, pellicola del 1973 firmata da Jack Hill. Il funky “pulito” della versione originale diventa acidissimo, sintetico, quasi cibernetico nella reinterpretazione con voce in vocoder fatta dai nostri che è, oltretutto, un tributo ad Ayers, recentemente scomparso.

Come tutti i viaggi di scoperta, l’esplorazione non è però soltanto un movimento verso l’altro ma è anche un movimento verso se stessi. In questo caso: verso il repertorio jazz ma soprattutto verso la propria relazione con il jazz. Così i Calibro in Exploration presentano ben tre composizioni originali. Si parte da Reptile Strut, brano di apertura del disco: una traccia strumentale granitica e cangiante al tempo stesso, un pezzo jazz/rock che gioca sulla compattezza di basso e batteria, sulla chitarra funky, sulle evoluzioni dei fiati e sulla dimensione quasi onirica delle tastiere. Poi Pied de Poule, una strumentale lisergica e malinconica che sembra rievocare tutti gli immaginari stereotipati dei b-movies, dall’erotico all’exotico, dai diabolici personaggi asiatici a fanciulle in abiti succinti. E, infine, The Twang, un brano ispirato dal leggendario progetto Incredible Bongo Band, un pezzo dalle mille evoluzioni, che si apre con una chitarra tarantiniana, prosegue sui territori della psichedelia ed esplode maestoso nella sezione fiati. 

Con Exploration i Calibro 35 offrono una sofisticata riflessione sulla musica come universo di continue stratificazioni ma mantenendo integra l’attitudine alla continua (ri)scoperta, al groove e soprattutto al divertimento, ovvero il piacere di suonare insieme. Che poi è, da sempre, la vera anima del jazz. «Registriamo liberi, senza metronomo, limitando al minimo le sovraincisioni per tenere l’immediatezza di quello che succede nella stanza. Alla fine, escono fuori anche tre pezzi nostri, frutto diretto di tutti gli stimoli che ci siamo dati. Un disco suonato e suonato di pancia perché – come nelle migliori rapine – a un certo punto devi prendere il respiro, gettarti dentro e quello che succede… succede».

Il tour, iniziato in aprile con una data al Torino Jazz Festival, giovedì 4 settembre approderà in Sicilia con una data al Ricci Weekender ai MercatiGenerali di Catania.

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