Storia

BRUNORI SAS: sono un moderato un po’ estremo

– Il cantautore calabrese, fra i big di Sanremo 2025, presenta il nuovo album “L’albero delle noci” ispirato dalla nascita della figlia Fiammetta. «Al Festival torno un debuttante»
– «Ho cercato con coraggio di cantare la gioia, ma anche l’inquietudine che una nuova vita porta con sé». «Racconto la linea sottile che passa fra essere genitori e sentirsi ancora figli»
«Ho tentato di trovare un tipo di racconto che potesse piacere anche a miei nipoti che ascoltano la trap per un album che vuole trasmettere un tema di rigenerazione ma non rivoluzione, perché non sarebbe nelle mie corde»

Due singoli La ghigliottina e Il morso di Tyson in chiusura dello scorso annoIl prossimo febbraio l’esordio al Festival di Sanremo come ultimo erede di una razza in via di estinzione, quella dei cantautori, con L’albero delle noci, una canzone molto intima che dà il titolo al nuovo album in uscita il 14 febbraio. Il 18 giugno un altro debutto, al Circo Massimo di Roma accompagnato dall’orchestra. È la road map di Brunori Sas per il suo ritorno sulle scene a cinque anni di distanza dal precedente lavoro da studio Cip!.

«C’è stato il blocco del Covid che è stato un momento di riflessione che mi ha portato a dedicarmi al mio quotidiano e sono venute fuori cose belle, in primis mettere su famiglia in tarda età con la nascita di Fiammetta», racconta il quarantasettenne cantautore calabrese. «Ho aperto una azienda agricola con vecchi amici. Il disco è permeato da questa gioia ma anche dall’inquietudine. Ho cercato di non fare la canzone ruffiana del padre che canta la figlia, usando a pretesto ombre e luci che stanno dietro a questa rivoluzione».

L’albero delle noci

La copertina dell’album impreziosita dall’artwork firmato dall’illustratore Robert Figlia

Il titolo dell’album germoglia dall’immagine di un albero di noce emblematico nella vita di Dario Brunori, punto di osservazione privilegiato e d’ispirazione per celebrare la gioia e la rivoluzione che una nuova vita porta con sé, suggerendo come ogni nascita sia al tempo stesso una rinascita. «L’albero delle noci sta davanti a casa mia. Lo osservo sempre quando mi frulla qualcosa in testa, anche perché da anni sono convinto che sia lui a suggerirmi le canzoni che scrivo», dice l’artista. «D’altronde non avendo gli alberi, soprattutto quelli secolari, nessun interesse per i rendiconti Siae, mi sembrava doveroso quantomeno tributargli una canzone. E sono contento di averlo fatto con un brano che mi fa il cuore dolce e in cui ho cercato con coraggio di cantare la gioia, ma anche l’inquietudine che una nuova nascita porta con sé: l’amore che non chiede niente in cambio, la felicità assurda e a tratti incontenibile, ma anche la paura di poterla perdere ‘sta felicità, il rimpianto per la vita di prima, il tempo che non torna. E poi la terra, le radici, le stagioni, le foglie che vanno e quelle che vengono. E forse su tutto l’altalena perenne fra il bimbo che vorrebbe eternamente raccontare (e raccontarsi) favole e l’adulto che sa quanto importante sia ciò che risiede nell’ombra. La linea sottile che passa fra essere genitori e sentirsi ancora figli».

Un disco che è «il frutto di due anni di sottrazioni» ed al quale ha contribuito anche il sodalizio artistico con Riccardo Sinigallia, che ha prodotto l’intero disco al fianco di Dario. «Abbiamo fatto un lavoro dedicato a sfrondare i rami secchi e a rimuovere il superfluo», spiega il cantautore cosentino. «Le canzoni per l’album sono uscite in realtà nell’ultimo anno, ma già prima ero contento perché è stata un’esperienza incredibile». 

Le tracce del disco

L’album è composto da dieci tracce, da La vita com’è, brano che ha impreziosito la colonna sonora del film Il più bel secolo della mia vita, passando per i singoli La ghigliottina e Il morso di Tyson, pubblicati negli ultimi mesi. Pomeriggi Catastrofici nasce da una registrazione al cellulare con l’aggiunta di un violino, intensa Per non perdere noi («pezzo fondamentale che è stato in ballo anche come titolo») e Più Acqua che Fuoco dedicata all’amore duraturo, nella quale Brunori imbraccia la chitarra elettrica «da buon vecchio metallaro quale sono», sorride. «Qui c’è una ricerca del suono che però mantiene quelle sue sporcature che torneranno nel live». Non manca un brano molto commovente, in dialetto calabrese, Fin’ara luna, sulla perdita (è la dedica di un vecchio alla moglie che non c’è più), che «si rifà a un pezzo di Pino Daniele che si intitola Cammina cammina».

«Ho tentato di trovare un tipo di racconto che potesse piacere anche a miei nipoti che ascoltano la trap per un album che vuole trasmettere un tema di rigenerazione ma non rivoluzione, perché non sarebbe nelle mie corde», commenta Brunori. «Abbiamo fatto tanti esperimenti e qualcosa è finito nel disco, perché alcuni vestiti mi stavano bene. È un inno ai moderati ma nel modo più estremo possibile. Nel disco ho voluto esplorare un’altra idea di felicità, più legata alla stabilità e alle relazioni a lungo termine. Nel mio essere moderato, vedo un valore enorme nella costanza e nella solidità, nell’apprezzare le piccole cose che durano nel tempo. È una felicità governata, meno esplosiva forse, ma più radicata. Allo stesso tempo, però, mi sono spinto oltre i miei confini. Ho cercato di portare anche questa visione “moderata” verso un’estremità, rendendola più intensa e consapevole. È stato un lavoro di bilanciamento, dove i contrasti giocano un ruolo fondamentale. Credo che questo dualismo renda il disco un viaggio emotivo, fatto di fragilità, momenti intensi e una ricerca profonda di autenticità».

Debuttante a Sanremo

A convincerlo di partecipare a Sanremo sono state la statuetta di Domenico Modugno che ha sul pianoforte, la nascita della figlia Fiammetta, la voglia di uscire dalla comfort zone e intercettare un pubblico nuovo. «Mi sembrava il momento giusto avendo un disco su cui abbiamo lavorato due anni, con grande fatica anche. E avendo una canzone che ci sembrava buona, era giusto darle riflettori come quelli del festival che non capitano tutti i giorni. Poi mi sentivo più leggero rispetto a tutto ciò che mi aveva frenato in passato, e forse è qui che sto sbagliando, ma prima vivevo molto peggio l’idea di andare a confrontarmi con una cosa così. Ora sono più tranquillo, non so se è frutto dell’età. Sono abbastanza cosciente e consapevole di dove vado. L’idea è di far sentire le mie canzoni, la mia canzone, ad un pubblico che magari fino a questo momento non mi aveva intercettato. Sarà una sfida perché torno ad essere un debuttante».

In realtà, Brunori all’Ariston c’era già stato nel 2019 con gli Zen Circus, questa volta però si getta nell’arena. «Vado col mio vestito abituale, con un brano molto cantautorale. C’è anche un pubblico che non mi conosce. Mi sento sicuro con quel pezzo. Rimarrò fedele alla mia attitudine, vado lì con leggerezza e so che l’ironia può essere fraintesa ma non sono guai, è un qualcosa che rafforza il mio desiderio di andare avanti. Non vedo tanta sacralità, noto di più un cazzeggio andante. Per altro ho già fatto un video dove annuncio che sono pronto per l’Eurovision. E faccio il tifo per Lucio Corsi perché è realmente un poeta».

Sulle polemiche intorno ai testi violenti dei rapper dice: «Attenti a non buttare il bambino con l’acqua sporca. Si tratta di fiction, poi certo bisognerebbe avere una certa cura del linguaggio. Ma anche io da ragazzo ascoltavo Marilyn Manson ma non per questo poi facevo riti satanici. E anche io ho scritto un brano in cui mi immedesimo in un femminicida. Però è fiction».

Sul fronte dei live, il nuovo album sarà il protagonista di un tour composto da otto date in programma a marzo nei palasport di Vigevano, Firenze, Roma, Torino, Napoli, Bologna e una doppia data di Milano. Dopo i palasport, Brunori Sas Live Con Orchestra approderà invece per la prima volta al Circo Massimo di Roma.

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