Storia

BOY GEORGE: senza di me Lady Gaga non esisterebbe

 – Il leader dei Culture Club cavalca l’ondata nostalgica anni Ottanta che sta catturando la Generazione Z e il 31 dicembre è fra i protagonisti del brindisi al Circo Massimo di Roma
– Tante cadute, dopo le quali è riemerso sempre se stesso. «Molta gente mi conosce per i miei drammi. Per essere stato arrestato». «Sono sempre stato guidato dal brivido, sporcandomi le mani»

I Sessanta restano indimenticabili, immortali, e non a caso molti degli eroi di quei favolosi anni sono protagonisti ancora oggi. I Settanta hanno anche radici ben piantate e forti, irrorate dal progressive, dal punk e dalla new wave. Gli effimeri Ottanta, invece, hanno incontrato sempre difficoltà nei vari tentativi di tornare in auge. Forse perché il pop di consumo divenne marcatamente industriale, oppure perché il look prevalse sui contenuti o ancora perché il videoclip inaridì e uniformò gusti e tendenze della cultura giovanile, sta di fatto che pochi “volti” di quell’epoca sono riusciti a far risalite la propria parabola. Ci hanno provato gli Spandau Ballet, ma è stato un pietoso flop. Un po’ meglio è andata ai Duran Duran, che si sono saputi adattare alle nuove sonorità. Ci hanno tentato gli Human League e i Cars, ma con esiti incertissimi. 

Adesso i tempi sembrano più favorevoli al ritorno degli eroi di quel decennio. La Gen Z, infatti, si è dimostrata sensibile e nostalgica nei confronti di un passato che non ha vissuto, fatto di walkman, mullet e camicie in flanella. Rispuntano i The The, i Tears for Fears, Marc Almond dei Soft Cell, I Simple Minds rivivono una seconda giovinezza e risale sulla cresta dell’onda anche Boy George, fra i protagonisti della notte di San Silvestro al Circo Massimo di Roma. 

Lui, al secolo George Alan O’Dowd, figlio di irlandesi trapiantati nel Regno Unito, 63 anni di South London, di quegli anni è stata un’icona: poco più che ventenne, i capelli con i lunghi dreadlock, il rossetto e gli occhi truccati, cantava Do you really want to hurt me. La canzone trascinò Boy George e i suoi Culture Club in cima alle classifiche di tutto il mondo. Cinquanta milioni di dischi venduti e un repertorio che attraversa diversi stili musicali, dal glam rock al pop, dal gospel al jazz, fino alla musica dance.

Torna ad esibirsi in Italia dopo 27 anni e dopo aver debuttato a Broadway in Moulin Rouge! Il Musical ed essere alle prese con la sceneggiatura del suo biopic. Lungo la strada della rinascita, Boy George è stato in prigione in Inghilterra. arrestato e condannato per sequestro e violenza nei confronti di un escort gay, che aveva “dimenticato” ammanettato nel suo appartamento dopo un gioco erotico. E anche oltre oceano non ha lasciato un buon ricordo di sé: ha fatto servizi sociali (per aver denunciato falsamente un furto con scasso) al Dipartimento di igiene di New York City, dove ha dovuto raccogliere rifiuti indossando una tuta arancione. «Purtroppo, molta gente mi conosce per i miei drammi. Per essere stato arrestato e per la prigione. Ho il mio bel da fare per far ricordare chi ero: senza di me e senza Madonna, oggi Lady Gaga non esisterebbe», commenta lui.

Boy George con i Culture Club

Oggi indossa una bombetta rossa così alta che potrebbe avere diversi altri cappelli sotto; se la togliesse, rivelerebbe una stella di David che si era tatuato sul cuoio capelluto quando era ubriaco. Ci sono dei pentagrammi sulla sua maglietta e un grande cappotto invernale drappeggiato su di lui in un modo che sembra che indossi tutto il suo guardaroba in una volta.

Ha avuto un sacco di litigi nella sua vita. «Come mi piacerebbe essere andato a correre con Madonna, quando me lo chiese. Invece le dissi: “Corro solo se qualcuno mi dà la caccia”». È andato allo spettacolo di Madonna qualche mese fa e lei lo ha snobbato nel backstage. 

Boy George è stata la prima popstar a migrare dalle pagine di gossip alle storie di copertina, prima di lui erano solo notizie di intrattenimento. Ha avuto venti copertine di tabloid negli anni Ottanta, che hanno venduto così tante copie che tutti i giornali hanno aperto rubriche pop. Ma la sua dipendenza dall’eroina da 500 sterline al giorno lo ha mandato in rovina.

Oggi è uno strano mix di positività Zen e discorsi inarrestabili. «Ho fatto tre podcast negli ultimi tre giorni, ero tipo: “Merda, non riesco più a parlare!’ Ma poi ho capito che posso!”». Aderisce ai “Tre Principi”, l’idea che la nostra esperienza della vita è creata dai nostri pensieri. E dice di amare le piccole cose ordinarie della vita: «Infilo perline e cucio, e mi concentro su ciò che sto facendo, al punto da seguire l’ago e il cotone». Si affida ai segni zodiacali. «Vado d’accordo con quelli della Vergine. Jon Moss era una Vergine», dice. 

Moss, che un tempo era l’amante di Boy George, nonché batterista dei Culture Club, è stato citato in giudizio per essere stato espulso dalla band dopo una rissa nel 2018. Le altre principali differenze nel nuovo spettacolo sono che Boy George canta più basso ora e stanno riprendendo il loro brano del 1982 White Boy, una scelta controversa per coloro che seguono i dibattiti sull’appropriazione culturale.

«Per molto tempo non abbiamo suonato White Boy», dice. «Quando chiamavo qualcuno bianco, intendevo naif, perché per me i neri erano fighi. Stavamo flirtando con tutta la questione reggae/giamaicana e il mio aspetto era quasi un rastafari queer. Molte persone all’epoca si sono sentite offese! C’era gente che, rivolta a me, diceva. “Uccidetelo!”».

La sua eredità potrebbe essere che Boy George è sempre stato solo se stesso. Ogni volta che toccava il fondo, è riemerso in qualche modo ancora più Boy George di prima. «Ho fatto un giro completo e sono diventato un po’ più simile a quando avevo 14 anni. Un po’ meno sulla difensiva, un po’ più fiducioso. Ma sono sempre stato guidato dal brivido di stare al gioco, sporcandomi le mani. Ecco perché non indosso mai lo smalto, perché non riesco proprio a tenerlo».

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