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Bono: Putin è un bullo, uccide donne e bambini

La copertina del libro
In Italia e Spagna le ultime date del “book tour” del leader degli U2, ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. «Venti, dieci anni fa pensavamo di svegliarci in un mondo più giusto, invece stiamo andando indietro», dice in una intervista a El Pais. E annuncia: «In questo momento, vogliamo fare un album di chitarre un po’ eccessivo»

«Martin Luther King ha detto: “L’arco dell’universo morale è lungo, ma si piega verso la giustizia”. Non ci credo più, penso che siamo noi a doverlo ribaltare. Non è più chiaro che stiamo intraprendendo una sorta di viaggio evolutivo verso un mondo più libero, più equo e giusto. Quelli della mia generazione credevano che se ci fossimo addormentati per 10, 12 o 20 anni ci saremmo svegliati in un mondo più giusto, con un maggior rispetto delle differenze sessuali e di genere. Non è vero. Stiamo andando indietro in questo momento ed è meglio che ci fermiamo».

È pessimista Paul David Hewson, ovvero Bono, il cantante degli U2, uno dei musicisti più mediatici al mondo. Lui che ha combattuto tante battaglie contro la fame in Africa, per l’emergenza Aids, contro la guerra e il razzismo, riuscendo anche ad ottenere risultati insperati, sembra aver perso fiducia. E lo racconta nel suo libro di memorie Surrender – 40 canzoni, una storia, che è venuto a presentare ieri in Italia ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, e in una intervista al quotidiano spagnolo El Pais.

Sono nato con i pugni chiusi, sono molto combattivo. Devo imparare ad aprire i pugni, non accetto il concetto di resa

Paul David Hewson, in arte Bono, 62 anni
Bono

Una delle parole che ricorrono più spesso nel libro è “rabbia”, da quella adolescenziale di Boy a Cedarwood Road. «Sto cercando di fare pace con me stesso, ma non con il resto del mondo. Sono nato con i pugni chiusi, sono molto combattivo. Devo imparare ad aprire i pugni, non accetto il concetto di resa, non capisco il suo significato. Non sarò in pace con il mondo com’è adesso. Ho un ego molto grande, ma a volte è necessario essere vulnerabili e perdere quella facciata per progredire nella tua vita. In ogni caso, la filantropia non cambierà mai tutto nel mondo. Il sistema deve cambiare in modo che le persone possano svilupparsi pienamente».

La rabbia resta. E lo conferma quando, alla fine della chiacchierata con Fabio Fazio, si scaglia contro Putin: «All’Italia e a me non piace Putin, perché è un bullo e sta bullizzando un’intera nazione. I suoi obiettivi sono donne e bambini. Io ringrazio l’Italia che ha promesso aiuti all’Ucraina. Putin e il suo amico bielorusso Lukashenko sono due vecchi grigi, noiosi e assassini. La libertà è più sexy di tutta questa roba. Non perdete la libertà: è la parola più bella al mondo».

A inizio intervento, dopo un reading su un capitolo del libro Surrender, Bono ha offerto una versione da brividi di With or without you accompagnato da un’arpa, un violoncello, percussioni ed elettronica. «Stare in Italia mi fa sentire a casa mia, al di là del tifo dei fan», ha esordito. E degli amici italiani il ricordo è andato a Luciano Pavarotti, più volte citato nel libro, «uomo di pace fra me e mio padre». 

Naturalmente si è parlato delle sue campagne umanitarie. Filantropo, attivista per varie cause, con un patrimonio stimato di 700 milioni di dollari, c’è una battuta che circola su di lui in Irlanda, il suo Paese, secondo cui la differenza tra Dio e Bono è che Dio non va in giro pensando di essere Bono… «Penso di essere stato io a scriverla», replica. «Non lo faccio per colpa. Quello di cui ho bisogno è migliorare. Nella mia vita spirituale, se sento il dito divino, raramente è in modo accusatorio».

Ogni capitolo di “Surrender” è accompagnato da un disegno

Surrender ripercorre il viaggio personale di Bono e degli U2 cominciato dalle strade di quell’Irlanda cantata nella celebre Sunday Bloody Sunday. «La violenza è uno dei miei ricordi più forti di quando ero bambino. La violenza dei gruppi paramilitari al confine, nel nord dell’Irlanda, o anche gli attentati terroristici nella mia città. Sono scampato per un pelo a un enorme attacco quando avevo 14 anni, il 17 maggio 1974. Ricordo il nervosismo di essere un adolescente cresciuto a Dublino. Voglio dire, è difficile per me spiegare ai miei figli com’erano gli anni Settanta in Irlanda. Molte persone hanno lasciato il Paese, ma quelle che sono rimaste, almeno dove vivevo io, sembravano piuttosto incazzate. Per qualsiasi motivo, c’era rabbia dentro di me ed era qualcosa con cui dovevo fare i conti nella mia vita».

Un viaggio partito dalle violente strade d’Irlanda per raggiungere i salotti dei potenti della terra: Gorbaciov, Bush… E per godere di alcuni privilegi, come fare un pisolino alla Casa Bianca senza che nessuno se ne accorga. «Questa è una storia divertente. Il mio rapporto con il presidente Obama è stato molto rispettoso. Ho delle allergie e mi sono addormentato alla Casa Bianca. Mi hanno trovato sdraiato sul letto di Abraham Lincoln, la testa sul suo petto. Ally, mia moglie, e il presidente mi stavano cercando. Ally gli disse: “Ha una specie di narcolessia. Se ha una reazione allergica si addormenta, ma dura solo dieci minuti. Tornerà presto”. Obama mi svegliò e ci sganasciammo dalle risate».

Nel libro scrive: «Le grandi canzoni d’amore sono ispirate dal desiderio o dalla perdita dell’amore. Ero innamorato ed ero terrorizzato dal fatto che non avrei mai più scritto canzoni d’amore davvero belle perché il mio cuore era intero e non spezzato». 

Mi interessa la musica che ha quel suono disturbato che sentiamo, per esempio, in Roy Orbison o anche in Bruce Springsteen. Lo vediamo in tutti i tipi di arte. La Gioconda sembra sorridere, ma è triste. Ed è quello che fanno gli U2: facciamo musica molto allegra e ribelle, ma c’è dolore

Gli U2. Da sinistra: The Edge, Adam Clayton, Larry Mullen Jr. e Bono
Bono

«Sono fortunato perché il mio rapporto con Ally è abbastanza complicato da non poterlo riflettere in una canzone zuccherata», commenta. «E non credo che le piacciano le canzoni zuccherate. Mi interessa la musica che ha quel suono disturbato che sentiamo, per esempio, in Roy Orbison o anche in Bruce Springsteen. Lo vediamo in tutti i tipi di arte. La Gioconda sembra sorridere, ma è triste. Ed è quello che fanno gli U2: facciamo musica molto allegra e ribelle, ma c’è dolore».

Gli U2, la più grande rock band del pianeta, 170 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, conquistando 22 Grammy Awards, incredibili show campioni d’incassi. Eppure, Bono la definisce «una canzone incompiuta». 

«Ho detto che volevo essere nel miglior gruppo del mondo per provocare un po’. Ma ero anche serio, perché credevo che avessimo una chimica straordinaria come gruppo. Il mio modo di cantare non è maturato fino ad ora. Negli ultimi album ci siamo impegnati a comporre le nostre canzoni. Abbiamo iniziato a lavorare con i produttori che ti davano le canzoni e tutti sembravano delusi: “Ma cosa stanno facendo!? Stanno cercando di comporre una canzone pop?”. E io: “Certo che stiamo cercando di scrivere una canzone pop”. Pensi che se i Beatles avessero continuato a suonare non avrebbero sperimentato la musica dance? Beh certo che sì! È che devi far volare la tua immaginazione. In questo momento, vogliamo fare un album di chitarre un po’ eccessivo. Le chitarre manderanno via le canzoni pop dalle classifiche. Edge la pensa così, e io non voglio certo contraddirlo».

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