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Alla scoperta di altri Lucio Corsi

– Il folletto toscano che ha sorpreso a Sanremo 2025 è soltanto la punta dell’iceberg di una nuova ondata di cantautori che scrivono canzoni intelligenti, con testi poetici e musiche non scontate
– Da Bolzano a Siracusa ne abbiamo trovato una dozzina che meriterebbero una vetrina come quella del Festival. Ma tanti altri sono in giro sui palchi di piccoli e anonimi locali d’Italia e non solo

L’affermazione di Lucio Corsi allo scorso Festival di Sanremo ha suscitato curiosità e entusiasmo. Curiosità, perché in molti si sono chiesti: “Da dove spunta questo folletto?”, e anche per il look a metà strada fra David Bowie e il Peter Gabriel dei Genesis. Se non eri un addetto ai lavori e se non avevi visto la serie tv “Vita da Carlo” Verdone, il cantautore toscano era un perfetto sconosciuto. Entusiasmo, perché ha rappresentato, insieme a Olly e Brunori Sas, la rivincita della canzone d’autore (spesso poco profeta in patria) sulle proposte omologate e di qualità scadente presentate da una industria discografica allo sbando ed alle quali il Festival offre una visibilità che non meriterebbero. Un soffio di poesia, profondità, semplicità, sentimento, ha spazzato via canzonette costruite in catena di montaggio da un’ammucchiata di pennivendoli.

Sanremo, immondezzaio della canzone italiana, piuttosto che specchio, piegato a meri interessi commerciali e mediatici, proprio per questo motivo per diverso tempo era stato snobbato da cantautori e artisti alternativi. Finché prima gli Afterhours, poi i Marlene Kuntz, imitati da altri, lo hanno sdoganato, assaporando gli effetti positivi che una vetrina vista da milioni di persone riesce a garantire. Senza però riuscire a riportare il Festival in quel “Paese reale” che voleva rappresentare Manuel Agnelli quando si presentò con la sua band. La musica d’autore, quella “diversa”, rimase isolata, emarginata, soffocata dal clamore, dal gossip, dalle casse a dritta, dai tormentoni, soprattutto nelle sciagurate edizioni di Amadeus. 

È bastato che Carlo Conti socchiudesse la porta, perché un refolo facesse entrare una piccola parte di quella valanga di validi autori che si contendono piccoli e anonimi locali per far ascoltare le loro produzioni a una cerchia ristretta di persone. Artisti di nicchia vengono definiti. Come lo erano Lucio Corsi e Brunori Sas. Il primo ha dovuto aspettare i 31 anni, il secondo addirittura i 47, per conquistare una ribalta nazional-popolare. Nel caso del cantautore calabrese ci si arriva quando sembra iniziata la parabola discendente. 

E quanti altri Lucio Corsi e Brunori ci sono lì fuori? Quanti, come Lucio Corsi e Brunori, meriterebbero di avere una platea più ampia per proporre la propria musica? Quanti sono costretti a restare nell’oscurità perché le loro canzoni non “sfondano”, non sono “radiofoniche”, non corrispondono ai dettami imposti dalle mode e dal mercato? Tanti, eppure sono quelli che rappresentano il Paese reale: veri, indipendenti, sinceri, legati al territorio, significativi. 

Molti di questi ripongono le proprie speranze sui social, su YouTube o sui tanti siti di nicchia che offrono spazio e visibilità rispetto a una stampa sorda alle novità, a caccia soltanto di gossip. E se non si vuole o non si può andare in giro per locali, si possono consultare questi siti – fra cui segnalisonori – per andare alla scoperta di nuovi Lucio Corsi. Noi ne abbiamo individuati alcuni e ve li consigliamo.

Alberto Bianco

Torinese, classe 1984, ha festeggiato il decennale dell’album Guardare per aria. La versione 10X però non è solo una ristampa, ma un modo per dialogare con il tempo: un EP reinciso che porta con sé l’emozione del passato e la consapevolezza del presente. Non un semplice ritorno alle origini, ma un percorso che ha permesso di dare nuova vita a queste tracce, arricchendole con un sound più intimo e diretto. È un’opportunità per comprendere il cammino percorso e guardare avanti con rinnovata ispirazione, un invito a rileggere la propria storia senza paura, perché ogni passo indietro può rivelare la bellezza di ciò che si è diventati.

Beatrice Campisi

Cantautrice e autrice siciliana, trapiantata a Pavia, classe 1990, impegnata nella ricerca e nello studio di diversi stili e generi espressivi. La sua formazione artistica è iniziata con lo studio di canto, teatro e pianoforte al conservatorio Vincenzo Bellini di Catania. Ha all’attivo due album di brani originali (Il gusto dell’ingiusto, 2017; Ombre, 2022), la partecipazione a numerosi progetti (ad esempio il video-progetto di cover d’autore Jukebox o il triplo CD Shaida-Tracce di libertà, candidato alla targa Tenco 2024 come miglior album a progetto), la vittoria del premio Siae “S’illumina” come opera prima, e la realizzazione di un tour nazionale, che ha fatto tappa anche in Germania e al festival parigino “Canzoni&Parole”.

In questi giorni ha pubblicato Tripoli, primo brano estratto dal nuovo progetto L’ultima lucciola. Una raccolta di testi, in versi, accompagnati da illustrazioni di Elisabetta Campisi e arricchiti da un album che cerca di aprire una finestra su se stessi e sulle ingiustizie del mondo. Un viaggio fra brani in italiano e in dialetto siciliano con un impasto sonoro che si muove tra folk-rock, pop e radici mediterranee. La suggestione per il titolo dell’album nasce dalla lettura di un articolo di Pier Paolo Pasolini, noto come “L’articolo delle lucciole”, uscito sul Corriere della Sera nel 1975, a pochi mesi dal brutale assassinio dello scrittore.

Anna Carol

Un album splendido, intenso e vario. Anna Carol si muove fra canzone d’autore, soul, r&b e jazz. Esplorare il concetto di essere principianti nella vita e nelle relazioni, mettendo in luce l’equilibrio tra scoperta e continua ridefinizione di sé. Ha da poco pubblicato il nuovo lavoro, Principianti, al centro del quale ci sono le relazioni, che in una società sempre più concentrata sul lavoro e priva di tempo, si stanno perdendo, lasciando spazio alla solitudine.

«Principianti è un disco che parla di relazioni umane, di identità e di amore», racconta la cantautrice di Bolzano, classe 1992. «Ho osservato da vicino, da lontano, il nostro modo di vivere i rapporti con gli altri e con noi stessi. Mi sono interessata a quando un’immagine glitchava, a quando il pavimento scricchiolava. Alla fine, penso che viviamo in uno stato di eterni principianti. Però ho notato con piacere che è uno stato bellissimo di amore per le visioni differenti e mi ha portato a raccontare il vero, ma anche a fare un viaggio nell’immaginazione e nel vissuto di chissà quale vita precedente o di qualche sogno ricorrente. È un disco che pretende del tempo da chi lo ascolta, lo stesso tempo che richiede una buona amicizia o una bella gita in montagna».

Marco Castello 

Siracusano, classe 1993, è un altro dei cantautori emergenti. Indie, non tanto nelle sonorità, dal momento che il bacino musicale a cui attinge è tutt’altro: Marley, Dalla, Battisti, Carella, elenca lui. Indie, inteso nella sua prima accezione, di emancipazione dai meccanismi discografici. Infatti, è con la Megghiu Suli, etichetta da lui stesso fondata, che ha pubblicato nel settembre 2023 il suo secondo disco, Pezzi della sera: «Una scelta del tutto pragmatica e per nulla romantica quella di fare da me: non ero per niente soddisfatto dell’attenzione che al tempo mi riservavano non una ma ben due etichette a fronte della fatica che io, invece, stavo investendo nel mio lavoro».

Sempre più “indie” perché alla zia, che menziona nella sua Polifemo, «se me lo chiedesse di nuovo questa volta risponderei di no, che probabilmente non ci andrei a Sanremo. Il pezzo l’avevo scritto per il Festival, volevo fare un po’ di metacanzone. Quando mi fu commissionato (ero ancora con un’etichetta) mi mancava la gratificazione del pubblico, che invece oggi, pur nel mio piccolo, sento di aver raggiunto».

Anna Castiglia

“L’Artista che non c’era”, il premio che vinse nel 2018 e le consentì di finanziarsi un tour, adesso c’è. E, dopo aver trionfato lo scorso anno alla XXXV edizione di Musicultura, raggiunge un altro traguardo: pubblicare un album. Non per contratto o per necessità, ma per piacere. Mi piace è, infatti, il titolo del disco d’esordio della cantautrice Anna Castiglia. Un titolo che è una dichiarazione d’intenti, un mantra, un invito a scoprirsi e ad amarsi in un mondo che spesso ci spinge a cercare l’approvazione altrui.

Catanese, classe 1998, figlia d’arte, il papà è l’attore comico Giuseppe Castiglia, popolare per le sue barzellette, dal quale ha ereditato una vena ironica che percorre canzoni che spaziano dal latin, al pop, al cantautorato, a questo lavoro arriva dopo aver lasciato il segno a XFactor, sbaragliando alle audizioni con la sua Ghali (la stessa con cui ha vinto Musicultura 2024), è stata eliminata agli home visit da Morgan, poi ripescata e ri-eliminata alla prima puntata, poi evocata in semifinale da Fedez come quella che conosceva Morgan già da prima dell’inizio di X Factor (avendo partecipato a una puntata del programma StraMorgan). È stata poi “arruolata” da Max Gazzè per aprire il suo tour. 

Luca Di Martino

Anche Luca Di Martino canta in dialetto, pur attingendo alla migliore tradizione della canzone d’autore nazionale, Samuele Bersani, Niccolò Fabi. La sua è una musica senza tempo, intima, personale, delicata, gentile, poetica, piena di emozioni e calore. Canzoni da cantare attorno a un fuoco, quello del camino, piuttosto che del falò. Il cantautore palermitano, originario di Isnello, classe 1987, dopo aver debuttato come autore di testi per i Vorianova, da alcuni anni ha intrapreso la carriera solista. 

Quello di Luca Di Martino è un viaggio a ritroso nel tempo. Il passato che ritorna sfida il presente. Un passato di ricordi e immagini che si susseguono in maniera continua e sparsa nella testa. Immagini che l’autore sceglie godendo di quello che la vita ci regala, della bellezza del tragitto che conduce verso nuovi orizzonti, nonostante portino con loro un alone di tangibile malinconia.

Giorgieness

Giorgieness, pseudonimo di Giorgia D’Eraclea (Sondrio, 1991). Il suo ultimo album s’intitola Giorgieness e i cuori infranti e nei brani si possono rintracciare echi di Levante e Taylor Swift. «Senza nascondermi, posso sicuramente dire che Taylor Swift è stata una grande fonte di ispirazione», confessa. «Già da Mostri lo era: ho fatto pace con me stessa e, soprattutto grazie all’uscita di alcuni suoi album recenti come Folklore ed Evermore, ho capito che può piacermi senza sentirmi in difetto.  Oltre a lei, altre artiste hanno preso un posto speciale fra i miei ascolti, come St. Vincent e Lorde, fino a nomi più recenti con Sabrina Carpenter e Chappell Roan. E alla fine ho capito che in questi ascolti c’era dietro sempre Jack Antonoff».

Mox

Mox, nome d’arte di Marco Santoro, cantautore romano d’origine siciliana, classe 1986, rincorre il presente senza dimenticare il passato, raccontando con una raffinatezza unica le istantanee di una vita. Il fascino del romanticismo vintage, la sua penna poetica dà vita a un elegante racconto romantico e nostalgico, che ci fa ricordare quello di cui siamo fatti: emozioni. «Canzoni profonde vestite leggere, poesia libera ma nascosta, ricercata ma colloquiale, parole che a volte fanno male, ma quando lo fanno piangono insieme a te. Una danza pungente e una rosa in copertina, perché non c’è prosa senza spina».

Paola Pizzino

Un malinconico soul dalle atmosfere calde, sonorità raffinate ed una voce capace di raccontare con autenticità ogni sfumatura dell’animo umano: la ventottenne cantautrice calabrese Paola Pizzino nel suo ultimo singolo Sola ottiene il feat di Ghemon. In Sola attraversa le tonalità più intime della solitudine e dell’assenza, trasformandole in musica. Il brano è il racconto sincero e viscerale di un distacco che lascia segni profondi, un dialogo interiore che si intreccia tra nostalgia e riscoperta di sé.  

La penna di Paola Pizzino scava nei sentimenti senza filtri, mettendo a nudo le fragilità e i contrasti di chi cerca di andare avanti ma continua a vivere tra passato e presente. Con la sua voce profonda e graffiante allo stesso tempo riesce a sprigionare una grande intensità all’interno di ogni nota. Avremmo voluto sentire un brano come questi al recente festival di Sanremo.

Cassandra Raffaele

Cassandra Raffaele, anima rock, sonorità blues, contaminazioni elettroniche e immaginario cantautorale onirico e ironico, ha attraversato i paesaggi più disparati – dalla natìa Vittoria ai lapilli rock della Catania anni Duemila, poi Londra, Roma, il palco di X Factor nel 2010 e quello di Musicultura, dove ha vinto due volte nel 2013 e nel 2022, sempre un po’ in giro, come canta nel brano Le Mie Valigie. Ne ha fatto di strada. Tanta. Meriterebbe un’occasione importante. Come quella che le ha dato Brunori Sas, suo estimatore, con il quale più volte ha avuto modo di collaborare e duettare, come nel recente stupendo singolo La più bella canzone d’amore che al Festival avrebbe fatto una figura migliore di tante – la gran parte – canzoni d’amore. 

«La normalità sembra ormai che non attecchisca», commenta la cantautrice che fa basa a Cesena. «So che sto parlando di un argomento, come l’amore, che per molti può sembra banale. La stupidità ha più efficacia ed è più virale dei sentimenti stessi. Però in un modo o nell’altro dobbiamo riuscire a rendere virale la bellezza, virale la poesia».

Scarda

Scarda, pseudonimo di Domenico Scardamaglio, napoletano classe 1986. Ha scritto Smetto quando voglio per la colonna sonora dell’omonima saga di Sydney Sibilia che gli valse nel 2014 anche una candidatura per la migliore canzone originale ai David di Donatello. L’anno dopo ottenne un’altra nomination: quella per la migliore opera prima (I piedi sul cruscotto) alle Targhe Tenco, il più credibile dei premi del panorama musicale italiano. Le sue canzoni sono filastrocche generazionali per giovani adulti che affrontano i primi passi nella vita vera, passaggi che il cantautore calabrese restituisce con un’incantevole luce agrodolce, piene di domande e storie assai familiari, resistere è praticamente impossibile. 

Gloria Tricamo

Il suo singolo di debutto Scompare, scritto e interpretato insieme a Luca Carocci, e primo estratto dall’Ep d’esordio in uscita ad aprile 2025 è davvero un ottimo biglietto da visita. Cantautrice polistrumentista fa entrare in collisione generi e stili, scrive e dipinge. Spazia dalla chitarra elettrica al piano/rodhes alla batteria, dal jazz degli anni ‘40 al punk rock, blues ed elettronica. Nata a Civitavecchia nel 1992, Gloria Tricamo è cresciuta in un ambiente famigliare intriso d’arte. Laureata in architettura, abbraccia la musica da autodidatta, avvicinandosi al jazz, al soul, allo space rock, al folk e, in un secondo momento, alle atmosfere di João Gilberto e alla bossa nova. Dopo anni di concerti in Italia e un periodo a Parigi, incontra Luca Carocci, con cui riscopre un suono essenziale e senza tempo. La sua scrittura raffinata intreccia immagini evocative e allegoriche, creando un equilibrio unico tra sogno e realtà. Con una musicalità innata, Gloria asseconda il lirismo delle parole, galleggiando con eleganza in un universo sospeso e, proprio per questo, lontano da molte proposte contemporanee. 

Dopo Scompare è il suo esordio intimo e potente, pubblica Discount, ballad soft rock dalle sfumature jazz e bossa nova, capace di evocare un amore che sfida la quotidianità, alienante e asettica, dove i pensieri si traducono in disegni sulla pelle e i limiti diventano una danza condivisa. Immersa in una realtà spenta, illuminata solo da fredde luci al neon, l’intimità tra due persone si fa rifugio, mentre il parcheggio di un discount, anonimo e quotidiano, si trasforma in uno spazio simbolico, dove chiudere gli occhi e immaginare la fuga da un mondo privo di bellezza e poesia. È l’assaggio di Una piccola guerra, il suo EP d’esordio: prezioso scrigno di quattro brani, quattro approdi immaginifici, fragili e intensi, sospesi tra le atmosfere di Hopper e il disincanto di Carver.

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