Flash

Addio Roy Haynes, la “mano invisibile” del be-bop

– Il leggendario batterista, ultimo superstite delle ere eroiche del jazz, si è spento all’età di 99 anni. Aveva lavorato con tutti i giganti del jazz: Charlie Parker, Miles Davis, John Coltrane, Thelonious Monk e Stan Getz
– È stato un vero e proprio architetto del ritmo, con una sensibilità e un linguaggio unici. Continuò a suonare sino a 94 anni. Diceva: «Forse il segreto per rimanere giovani è suonare la batteria. So che esibirmi mi fa sentire bene»

Roy Haynes, uno dei batteristi più influenti nella storia del jazz, uno degli ultimi musicisti superstiti delle epoche dello swing e del bebop, è morto all’età di 99 anni. Sua figlia Leslie Haynes-Gilmore ha detto che si è spento dopo una breve malattia.

Roy Haynes è stato un artista che ha attraversato e arricchito decenni di musica con il suo stile unico e il suo ritmo incalzante. Nato a Boston il 13 marzo 1925, Haynes è considerato una delle figure più rilevanti nel panorama del jazz moderno, capace di rinnovare il linguaggio della batteria e di adattarlo a un’evoluzione costante del jazz stesso, dal bebop fino alle sue esplorazioni più contemporanee.

Una carriera che attraversa i decenni

La carriera di Roy Haynes è straordinariamente lunga e variegata. Sin dai suoi esordi negli anni ‘40, Haynes ha avuto il privilegio di suonare con alcuni dei giganti del jazz, tra cui Charlie Parker, Miles Davis, John Coltrane, Thelonious Monk e Stan Getz. La sua capacità di adattarsi a stili diversi e la sua versatilità gli hanno permesso di essere richiesto in contesti musicali molteplici, dal bebop al jazz fusion, senza mai perdere il suo carattere distintivo.

Nel 1947, Roy Haynes è stato una figura centrale nel gruppo di Charlie Parker, il leggendario sassofonista che ha rivoluzionato il jazz con il suo approccio al bebop. La sua batteria, veloce, incisiva e sempre dinamica, è stata un elemento chiave nel suono del quintetto di Parker, e la sua capacità di alternare fra ritmo e improvvisazione lo ha reso uno dei batteristi più ammirati del periodo.

Roy Haynes e Charlie Parker

La “mano invisibile” che ha segnato il be-bop

L’influenza di Haynes sul bebop è innegabile, ma ciò che lo ha reso unico è stato il suo approccio innovativo alla batteria. Mentre molti dei suoi contemporanei, come Max Roach o Art Blakey, avevano un suono più imponente e “diretto”, Haynes è noto per la sua capacità di “sottrarre” piuttosto che “aggiungere”. La sua batteria non è mai invadente: è il motore sottile e pulsante che spinge la musica senza mai sopraffarla. La sua tecnica, affilata e mai eccessiva, ha permesso a ogni singola nota degli altri strumenti di emergere in tutta la sua purezza, una sorta di “mano invisibile” che supporta senza mai prevaricare.

Il suo tocco delicato ma preciso si rifletteva anche nella sua interpretazione delle poliritmie e dei tempi complessi. Haynes è un maestro nel creare ritmi che, pur essendo intricati, risultano sempre freschi e spontanei. È questo il segreto del suo successo: la capacità di suonare senza mai perdere il “groove”, un aspetto fondamentale nella musica jazz.

L’incontro con il jazz modale e il free 

Con il passare degli anni, Haynes non ha mai smesso di evolversi. Negli anni ‘60, con l’avvento del jazz modale di Miles Davis e la nascita del free, Haynes ha continuato a essere un protagonista indispensabile. Lavorando con artisti come John Coltrane e Eric Dolphy, il batterista ha ampliato il proprio vocabolario ritmico, adattandosi alla liberazione del linguaggio musicale senza perdere la propria identità.

Un esempio iconico di questa fase è la sua collaborazione con il leggendario sassofonista Coltrane, in particolare durante il periodo in cui Coltrane si stava avventurando nel terreno del jazz modale e del free. Haynes, con la sua batteria ipnotica e ritmicamente flessibile, ha dato una spinta fondamentale alle improvvisazioni di Coltrane, contribuendo a definire un suono che ha segnato una delle epoche più innovative della musica jazz.

Un batterista senza tempo

Roy Haynes è rimasto attivo come musicista e leader di gruppi anche negli anni successivi, continuando a esibirsi e a registrare nuovi dischi. Il suo progetto più recente, Roy Haynes: A Life in Time, testimonia una carriera straordinaria che non ha mai conosciuto cali di qualità. Il suo sound, pur mantenendo radici profonde nel jazz, si è sempre nutrito della modernità, con una continua ricerca di nuove forme di espressione ritmica.

È rimasto seduto dietro a tamburi e piatti fino all’età di 94 anni. In un’intervista con Percussive Arts Society, una volta ha detto: «Forse il segreto per rimanere giovani è suonare la batteria. So che esibirmi mi fa sentire bene, e mi fa anche dormire bene».

Parlando per celebrare il compleanno numero 96 di Haynes, Wayne Shorter lo ha definito «un campione per me», Branford Marsalis ha detto che era il più grande batterista jazz di sempre, mentre la cantante jazz Terri Lyne Carrington ha detto: «Il modo in cui Roy sa rendere la batteria più fluida non ha eguali … Il suo modo di suonare mi fa vedere altre possibilità per me stessa».

Roy Haynes non è stato solo un batterista, ma un vero e proprio architetto del ritmo. Con la sua sensibilità e il suo linguaggio unico, ha influenzato generazioni di musicisti e ha contribuito a plasmare il corso del jazz moderno. La sua carriera è un’ode alla continua reinvenzione della musica e alla bellezza dell’improvvisazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *