– L’ex Beach Boys si è spento a 82 anni. Soffriva di problemi di salute mentale. È stata una delle figure chiave della musica popolare del Novecento, amato e stimato da Beatles e Dylan
– Scrisse e produsse l’album del 1966 “Pet Sounds”, considerato da molti come il più grande disco di tutti i tempi. “Good Vibrations” sinfonia “tascabile” delle nuove frequenze surf
– Nel 2018 suonò al Teatro antico di Taormina. «Amo il vostro cibo. Posso anche dire che nella musica gli italiani sono più sensibili degli americani. E come artista è una qualità che apprezzo molto»
Brian Wilson, il “ragazzo da spiaggia”, non cavalcherà più le onde dell’oceano. Il musicista, cantautore e produttore dei Beach Boys è morto all’età di 82 anni. In effetti, l’autore simbolo della surf music californiana dei primi anni Sessanta non ha mai cavalcato le onde del Pacifico: «Non ho mai imparato a surfare perché ho sempre avuto paura di provare. Fu mio fratello Dennis a dirmi che il surf era popolare e allora Mike Love e io abbiamo scritto Surfin’ Usa». E, dietro le esuberanti apparenze, c’era più malinconia che gioia nelle canzoni simbolo di quell’epoca scritte da lui, come Surfer girl o Fun fun fun.
Brian Wilson, leader e genio assoluto dei Beach Boys, è l’artista più contraddittorio, controverso, fragile, gigantesco della storia della musica americana, tant’è che per interpretarlo nel film biografico Love and Mercy, uscito nel 2015, il regista Bill Pohlad ha dovuto far ricorso a due attori. Paul Dano lo interpreta negli anni Sessanta mentre cerca di muoversi verso suoni e testi più sperimentali prima dell’inizio della psicosi e del crollo della sua creatività. John Cusack si cala nei panni del leader dei “ragazzi da spiaggia” nell’era degli anni Ottanta quando, dopo esaurimenti nervosi e periodi di depressione, Wilson è sotto il controllo del terapeuta.

Brian Wilson è una delle figure chiave della musica popolare del Novecento, per alcuni – tra cui il quinto Beatle George Martin – il più grande genio musicale vivente. Era nato a Inglewood, nel sud della California, nel 1942. Un musicista naturale con un tono perfetto che cantava sin da bambino. Ha imparato a suonare il pianoforte innamorandosi dell’R&B, del rock’n’roll, del doo-wop e del pop. Nonostante fossero in parte sordi di un orecchio (forse a causa di un attacco da parte di un ragazzo del posto), lui e il fratello minore Carl si sono uniti al cugino Mike Love per formare il gruppo di scuola superiore Carl and the Passions, portando in seguito l’altro fratello Dennis e l’amico Al Jardine per formare i Pendletones. Erano stati incoraggiati dal padre di Wilson, Murry, con il quale Wilson ha sempre avuto una relazione complessa, si disse che Murry era anche fisicamente violento nei suoi confronti.
Nel 1961, aveva fondato i Beach Boys, nucleo allargato della sua famiglia, di cui è genio creativo e compositivo: le loro canzoni mantengono una struttura rock e sono pervase da una contagiosa energia, alimentata da accattivanti ritornelli pop, da basi ritmiche accentuate e riff di chitarra particolarmente incisivi amalgamati in maniera innovativa alle armonie vocali dei Four Freshmen, che da sempre ispirano l’artista. Nel giro di quattro anni sfornarono dischi e hit singoli a getto continuo, una valanga di seducenti canzoni sulle onde dei surfers californiani. Un successo epocale e una gara a distanza con i quattro di Liverpool. Toccava al dotato Brian il lavoro più faticoso di scrivere le canzoni, adattarle alle voci della band e portarle in studio.
Il rivoluzionario “Pet Sounds”

Gli orizzonti artistici di Brian Wilson si espandono e nel 1966 produce Pet Sounds, l’ambizioso album che rivoluzionerà la storia della musica pop, una tela musicale senza confini realizzata con il prezioso aiuto del paroliere e compositore Tony Asher. L’album divenne presto una leggenda, con il consenso entusiastico delle più grandi rockstar del tempo da Paul McCartney a Elton John e Bob Dylan.
Divenne uno dei più importanti e innovativi album pop di sempre, tanto da far guadagnare a Wilson la definizione di “Mozart del rock”. Nello stesso anno, i Beach Boys realizzarono il loro pezzo più avveniristico, ovvero Good Vibrations, una complessa mini-suite racchiusa nello spazio temporale di una canzone, una sinfonia “tascabile” delle nuove frequenze.
Quando i Beatles ascoltarono Pet Sounds caddero in depressione: impossibile fare meglio, pensarono. Ma la reazione produsse il capolavoro Sgt Pepper. Wilson raccolse il guanto di sfida e cercò di dare un seguito a Pet Sounds con Smile, ma il progetto – che Wilson definiva «a symphony to God» – venne accantonato a causa della resistenza degli altri Beach Boys, delle difficoltà tecniche e dell’escalation del consumo di stupefacenti e della malattia mentale.
Smile fu completato quasi 35 anni dopo. Pubblicato nel 2004, riscontrò un grande successo da parte della critica musicale, che lo definì il miglior album dell’anno. Parlando della sua guarigione, Brian Wilson commentò: «Veniva dal mio cuore e da Melinda e dal mio pianoforte e da alcuni dei miei amici che mi hanno aiutato. Ho avuto un sacco di amici che mi hanno detto: “Dai, Brian, puoi passare attraverso questo”. La salvezza non è stata solo la musica, ma anche la mia band, la mia famiglia e le persone che amo. È così che sono stato capace di uscire dal tunnel nero della depressione».
Dopo la morte di suo padre, i primi anni ’70 furono un periodo basso per Wilson, poiché la sua assunzione di droghe aumentava e si isolava ancora una volta. Tornò nel grembo dei Beach Boys per l’album del 1976 15 Big Ones, ma cadde di nuovo nell’alcolismo, nell’abuso di droghe e nell’eccesso di cibo verso la fine del decennio; sopportò anche la morte di Dennis che annegò nel 1983. Strettamente controllato dallo psicologo Eugene Landy, il suo equilibrio migliorò negli anni Ottanta e, dopo essersi finalmente separato dai Beach Boys, pubblicò il suo album di debutto da solista omonimo nel 1988.

I primi anni Novanta furono un altro periodo conflittuale: Wilson è stato liberato dal suo rapporto con Landy – che era diventato un collaboratore di songwriting, e si era fatto aggiungere al testamento di Wilson tramite un accordo di tutela – con un ordine restrittivo. Wilson venne citato in giudizio da sua madre, Carl, Love e Jardine per dichiarazioni diffamatorie nel suo libro di memorie del 1991, e di nuovo da Love l’anno successivo per royalties, che sono state trovate a favore di Love.
Wilson ha continuato a fare tour e a pubblicare album da solista occasionali, e alla fine si è riunito con i Beach Boys nel 2011 (senza Carl, morto nel 1998) per un tour e l’album That’s Why God Made the Radio. Il gruppo si divise ancora una volta, con Love in tour sotto il nome della band e Wilson e Jardine separatamente in tournée insieme, anche per un tour Pet Sounds per il cinquantesimo anniversario nel 2016.
L’anno scorso, l’ennesimo scontro in famiglia. Dopo la morte della moglie Melinda, i familiari chiesero la tutela del musicista che soffriva di demenza ed era dipendente dalla sua consorte.

Il concerto di Taormina nel 2018. Le reazioni
L’ultima volta che venne in Italia era il 2018, e tenne un concerto al Teatro antico di Taormina. Gli piaceva il nostro Paese: «Beh, prima di tutto gli italiani hanno un ottimo cibo che adoro», mi disse Brian Wilson. «Posso anche dire che nella musica gli italiani sono più sensibili degli americani. E come artista è una qualità che apprezzo molto».
Ronnie Wood ha reso omaggio sui social media, scrivendo «il mio mondo è in lutto» mentre l’autore Don Winslow ha definito Pet Sounds il più grande album di tutti i tempi e ha aggiunto che: «nessuno suonerà MAI più così». Sean Lennon ha scritto: «Non molte persone mi hanno influenzato tanto quanto lui. Mi sento molto fortunato ad averlo potuto incontrare e passare un po’ di tempo con lui. È stato sempre molto gentile e generoso. Era il nostro Mozart americano».
Bob Dylan ha condiviso su X: «Ho sentito la triste notizia su Brian oggi e ho pensato a tutti gli anni in cui lo ascolto e ammiro il suo genio. Riposa in pace caro Brian».