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25 NOVEMBRE. Manutsa: io parlo e canto

– Un articolo della cantautrice Manuela Di Salvo, in arte Manutsa, sulla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, della quale sarà fra le protagoniste di una delle varie iniziative 
– «La violenza sta dappertutto e dal 1960 ad oggi le cose non sono cambiate. Anzi… Gli stupri, i femminicidi, le violenze sui civili, sui bambini sono quadruplicati. È una piaga dalla quale non ne usciremo vincenti»

Ogni anno, il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne ufficializzata dalle Nazioni Unite nel 1999. È stata scelta questa data per commemorare la vita, l’attivismo e soprattutto il coraggio di tre sorelle: Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, soprannominate “mariposas”, che hanno combattuto per la libertà del loro Paese. Infatti, le sorelle decisero di impegnarsi nell’attivismo politico denunciando gli orrori e i crimini dalla dittatura dominicana fino al giorno del 25 novembre 1960 quando vennero torturate, violentate e uccise dai sicari di Trujillo e i loro corpi gettati in un dirupo per simulare un incidente. 

L’indignazione per la loro morte sollevò un moto di orrore sia in patria che all’estero, ponendo l’attenzione internazionale sul regime dominicano e sulla cultura maschilista che non tollerava alle donne di occupare uno spazio pubblico e politico (ciò che ancora succede in Afghanistan). Ed è in ricordo delle tre sorelle che ogni 25 novembre si inaugura un periodo di sedici giorni dedicato all’attivismo contro la violenza di genere, che si conclude il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei diritti Umani.

Manuela Di Salvo, in arte Manutsa

Le scarpe rosse rappresentano invece il simbolo della lotta contro maltrattamenti e femminicidi. La loro storia nasce in Messico, a Ciudad Juárez, città tristemente famosa per il numero sconcertante di femminicidi avvenuti negli ultimi vent’anni. Mentre la panchina rossa oggi viene utilizzata per dire no alla violenza, e nello specifico alla violenza domestica, e per sottolineare come la violenza sulle donne avviene anche in contesti familiari, da dove poi scaturisce il femminicidio.

Il mio disco Parru cu tia- la Voce delle Donne prende forma così: traendo spunto dalle violenze domestiche che ancora oggi si manifestano nei paesi dell’entroterra siciliano, in cui le donne non hanno alcun potere decisionale. Nonostante le Nazioni Unite nel 1999 abbiano ufficializzato nel 25/11 la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, tutt’oggi assistiamo ad un numero altissimo di violenze, stupri, femminicidi e tipi di violenze dovute al semplice essere “Voci fuori dal coro”. Vittime non solo donne ma anche bambine. E c’è chi dice ancora che «il patriarcato non esiste».

Io ho deciso di essere una voce fuori dal coro “commerciale”, lontana dalle strategie musicali e lontana anche da chi voleva mettermi a tacere sulle ingiustizie che ho subito come artista e come donna, da chi le artiste e le donne finge di valorizzarle. Violenza artistica, la chiamo. Come ho accennato poco prima, ho lavorato su un album prendendo spunto dai numerosi casi di violenza in Sicilia e il risultato è stato Parru cu tia – la Voce delle Donne, che mi ha vista finalista alla Targa Tenco per la sezione miglior album in dialetto nel 2022 e vincitrice di un Premio Folk e World Nazionale dal nome Li Ucci, promosso con i finanziamenti del nuovo Imaie, in collaborazione col MEI ma che è risultato essere inutile per una piaga così dolente come la violenza. Mi sono spogliata sul palco, davanti al pubblico, affermando il “Ti dissi no” tanto abbanniato dalle donne delle associazioni anti-violenza siciliane, nelle manifestazioni per la giornata del 25/11 e, sto scrivendo il secondo album che racconterà la mutazione di queste donne che subiscono violenza: il confronto sociale, l’affrontare il dolore e l’insegnamento che possono lasciare (quando restano vive).

Anche attraverso la musica è difficile affermare la propria identità, se decidi di non seguire una scia ben precisa. La prevaricazione dell’uomo sulla donna, specie in ambito lavorativo ed artistico, non è solo un retaggio culturale, ma una vera e propria piaga sociale. Il sessismo e il senso di superiorità in ambito artistico e lavorativo che molti individui di sesso maschile nutrono nei nostri confronti, sfociano sempre in ostilità, a meno che non ci sia da parte nostra un atteggiamento di finta fragilità emotiva, in cui l’uomo aziona la protezione e di conseguenza la decisione. La violenza sta dappertutto e dal 1960 ad oggi le cose non sono cambiate. Anzi… Gli stupri, i femminicidi, le violenze sui civili, sui bambini sono quadruplicati. È una piaga dalla quale non ne usciremo vincenti ed il motivo è uno: il dolore! La gente ama vedere il dolore, guardarlo negli occhi e poterlo raccontare perché crea follower, perché fa social.

Io, nel mio intento, continuerò a raccontare la violenza attraverso le mie canzoni, la mia voce: non c’è emozione più grande di chi si riconosce nei tuoi testi, di chi te lo dice e di chi ti chiede di continuare a farlo.

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